Di: Sergio Palumbo
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Qualche tempo fa, in una casa di Cambridge, non lontano dalla Facoltà di Matematica, abitava uno scrittore e disegnatore, Alexander Masters. Qualche metro più sotto, nello scantinato di quella casa, abitava (ed abita) Simon Norton, il suo padrone di casa. Il nome, ai più, non dirà nulla. Ma quel goffo e trasandato signore sulla sessantina, che vive in un incredibile caos, tra cataste di orari degli autobus e buste di plastica, e che si nutre quasi esclusivamente di riso e sgombro, è un genio della matematica. Già a cinque anni giocava con la tabellina del 91, dai quindici ai diciassette anni vinceva tre volte di seguito le Olimpiadi di Matematica, a diciassette anni conseguiva una laurea di prima classe a Londra e vinceva una borsa di studio a Cambridge, dove poco dopo avrebbe iniziato a lavorare con il leggendario professor John Conway ed un altro gruppetto di geni della matematica, con i quali firmò una delle pubblicazioni più importanti nel campo della teoria dei gruppi, ossia L’Atlante dei gruppi finiti. Oggi, Simon sembra vittima di un clamoroso tracollo intellettuale. A vederlo dall’esterno, potrebbe sembrare un matto. O un barbone, sempre in giro sugli autobus (la sua grande passione, oltre alla matematica), coi capelli sconvolti, vestito sempre con gli stessi abiti, consumati e talvolta macchiati, con una discutibile igiene personale ed un’inseparabile sacca da viaggio al seguito, colma di depliant, orari degli autobus, cartine stradali e snack da consumare durante le sue gite. Ma Simon non è né un matto (ancora oggi sforna pubblicazioni e partecipa attivamente alla ricerca sul Mostro, un gruppo finito semplice di ordine 808.017.424.794.512.875.886.459.904.961.710.757.005.754.368.000.000.000, il più grande gruppo finito sporadico) né un barbone, anzi, è proprietario di un appartamento a Cambridge e di un altro a Londra, ha diversi inquilini e certo non se la passa male, dal punto di vista economico. E non è affatto depresso, anzi, ha praticamente sempre un sorriso stampato sul volto, ma non è un sorriso da ebete, bensì un sorriso di un uomo felice. Felice di dedicarsi alle grandi passioni della sua vita, le gite in autobus, l’attivismo contro l’uso delle automobili e contro i tagli del governo ai trasporti pubblici e la matematica, anche se da ricercatore indipendente, senza contratto.
Ma torniamo a Masters: mettete uno scrittore talentuoso nello stesso edificio in cui vive un personaggio così singolare come Simon Norton. Non c’è neanche bisogno di shakerare bene: il risultato non può essere altro che una biografia. “Un genio nello scantinato” è una biografia brillante e spassosa, con un sarcasmo tipicamente british, tra aneddoti sulla vita di Simon, interviste a parenti e colleghi, illustrazioni gustose, foto improbabili del soggetto e digressioni matematiche sulla simmetria e sulla teoria dei gruppi, prendendo per mano il lettore con spiegazioni semplici e simpatiche, in modo da consentire anche ai meno esperti di comprendere, per grosse linee, il campo di applicazione delle ricerche di Simon.
Ma il libro di Masters è anche una riflessione sul genio, sulla sua ascesa e sul suo declino, appena a trentatré anni, per cause che non si riescono a comprendere. Colpa del primo errore di calcolo di tutta la sua vita? O del fatto che, poco dopo la pubblicazione dell’Atlante, Conway lasciò Cambridge per Princeton, lasciando Simon praticamente orfano? Oppure non si tratta di un declino, ma Simon, pur nella sua stramberia, non fa altro che inseguire il Mostro durante le sue lunghe gite in autobus quando, con quel sorriso sul volto e l’aspetto trasandato, sembra essere con il cervello altrove? Forse non sapremo mai cosa sia successo al genio di Simon, ma di sicuro sappiamo che lui sente di non aver perso nulla, anzi: come recita il sottotitolo del libro, questa è la biografia di un uomo felice.
Link: il sito di Adelphi Edizioni – www.adelphi.it
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