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Fondazione Teatro di Napoli Teatro Bellini & Hangar-O’

presentano

CREDITORI

di August Strindberg

adattamento e regia di Orlando Cinque

con

Roberta Caronia, Orlando Cinque, Gabriele Russo

scene Luigi Ferrigno

disegno luci Davide Scognamiglio

Ma non aver paura quando mi vedrai

dissezionare un’anima ed esporne le viscere sul tavolo,

la prima volta fa un po’ paura, poi non potrai più farne a meno.”

da Creditori di A.S.

Adolf si confida con il suo nuovo amico Gustav. Gli parla dell’immenso amore che nutre per la moglie Tekla e delle sue insicurezze rispetto alla relazione con lei – relazione che ha minato anche la sua salute. Dopo aver conquistato la fiducia di Adolf e aver acceso in lui la scintilla del dubbio, Gustav consiglia ad Adolf di mettere alla prova Tekla: prima osserverà l’amico nell’intimità coniugale, poi gli darà la possibilità di spiarla e di vedere com’è la sua donna quando lui non c’è. Gustav sembrerebbe avere a cuore la sorte del matrimonio di Adolf, ma non è per amicizia che ha architettato il suo piano.

La trama di Creditori – capolavoro di August Strindberg del 1888, tra i meno rappresentati in Italia seppure di sconvolgente attualità – potrebbe essere vista come un tipico dramma borghese: una storia di amore coniugale, di tradimento e di vendetta.

Eppure, a un livello di lettura più profondo, il testo racchiude una materia sulfurea e perturbante, che ribolle di un personale bisogno di vendetta, trasformato – con spaventosa lucidità – in una esplosiva macchina teatrale. Costruito per “portare alla luce” la vera natura dei rapporti tra Uomo e Donna – il meccanismo di persuasione, la capacità di manipolazione e perfino il “cannibalismo” che talvolta caratterizzano questi rapporti – Creditori riesce a svelare in maniera cruda e diretta i misteriosi percorsi della psiche attraverso i quali un rapporto d’elezione può ridursi a una fredda contabilità degli affetti.

Strindberg definisce Creditori una “Tragicommedia” e, in effetti, il testo potrebbe richiamare allo stesso tempo Feydeau quanto l’Edipo, Scarpetta quanto l’Amleto. Sono, infatti, evidenti una leggerezza e un piacere del gioco teatrale propri della commedia pura, seppure la struttura faccia pensare alla tragedia classica: tragedia (ed epica) dell’Attore, diviso tra testo e pubblico, istinto istrionico e disegno registico; tragedia (e catarsi) dell’ Amore, che vorrebbe essere legame tra uguali, ma si trasforma in battaglia tra i sessi; tragedia (e farsa) dell’Io, che tenta di mediare razionalmente i suoi lati inconsci e istintivi con quelli morali e normativi.

Credo che a un livello profondo, simbolico, questo testo – realmente autobiografico nei termini della vita psichica del suo autore – sia stato per Strindberg un atto di “dissezione” della propria anima le cui parti, poi “esposte sul tavolo” del palcoscenico, altro non sono che i personaggi di questa pièce.

Creditori è un testo che non dà conforto, che mostra la vita nella sua folle incoerenza, che rivela – con chiarezza matematica e disarmante scientificità – logiche e meccanismi del comportamento umano; è un testo sottovalutato, forse non compreso, che esorbita dal naturalismo costringendo gli attori a continue invenzioni e brusche virate, in un rischioso ma necessario esercizio di equilibrismo che dia espressione ai differenti livelli e stili del testo.

Ho tentato di fare uno spettacolo forte e onesto, semplice ed elegante, che mettesse alla prova gli attori, riducendo al minimo i trucchi teatrali e la messa in scena per restituire le atmosfere dell’esperimento, così com’era nelle intenzioni di Strindberg.

La messa in scena, infatti, prova a restituirne il gusto per l’esposizione geometrica (per quadri) che vorrebbe essere scientifica ma che proprio per questo riesce a mettere in risalto le incoerenze, i comportamenti irrazionali e la “beata autoipnotica semiebbrezza” di cui parla Strindberg, caratteristiche che – secondo l’autore – contraddistinguono i rapporti tra Uomo e Donna.

Gli attori sono rinchiusi in una sorta di gabbia posta in proscenio, alla quale arrivano attraverso brevi corridoi che simbolicamente attestano il passaggio dalla realtà alla finzione. Da questa gabbia gli attori tentano di “domare il serpente” ovvero il pubblico reticente, – ma anche il testo, se stessi – sotto la luce impietosa dei neon, perché tutto si veda e nulla si nasconda, nemmeno le tecniche di recitazione che – se usate onestamente – altro non sono che strumenti per svelare la reale sorte dell’umanità costretta a una recita colossale, trascinata dal flusso inconscio della vita e delle forze dell’eros.

Anche allo spettatore, sottratto alla sua penombra rassicurante, viene dunque chiesto un piccolo sforzo, spinto com’è dalla scena e dalle luci a prendere posizione, scegliendo da sé cosa vedere o non vedere.

Attraversare Creditori, rimanendo onesti con se stessi, costringe a crescere come esseri umani e come attori, e credo che solo assumendosi questo rischio si possa dare senso al fare teatro oggi, perché qualcosa accada davvero, per aprire dei varchi nella coscienza propria e degli spettatori, senza perdere mai la dimensione gioiosa e ludica del teatro, per provare a richiamare un pubblico nuovo.

Orlando Cinque