Di: Redazione
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“Vedendo il film in sala con voi, mi hanno molto incuriosito le vostre reazioni, in particolare i dissensi e il sarcasmo che s’è percepito”. Così esordisce Francesco Maselli, per tutti Citto, autentico monumento vivente del cinema italiano, con i suoi 60 anni d’attività nel mondo del cinema. “Cronache del terzo millennio” (1996), è il film proiettato nella Sala Rossellini e da cui parte la discussione con il regista e gli studenti di cinema del prof. Sainati, per il quarto incontro di “Parole di Cinema”.
Maselli, sollecitato dai molti interventi in sala, si spiega: “il film nasce da una frase estrapolata da un editoriale di Luigi Pintor che raccontava le derive della globalizzazione, preannunciando l’ondata di immigrazione verso l’Occidente ricco e affermava che le cose sarebbe andate sempre peggio, finché la terrà tremerà di nuovo sotto i nostri piedi”. E ancora: “Il film per me è una grande metafora proprio sulla globalizzazione e sulla sinistra che una volta che prende il potere non fa che replicare gli stessi meccanismi produttivi”. Il dibattito s’accende, c’è chi legge il film in chiave antropologica, chi lo giudica troppo intellettualistico, chi ha apprezzato la messa in scena volutamente teatrale, chi invece no. “Furio Colombo, tra gli entusiasti del film, lo ha per esempio letto come un saggio socio-antropologico”. E a chi ha trovato il film troppo pessimistico, Maselli ribatte “Ho cercato di non drammatizzare troppo, e dare un messaggio positivo, anche se problematico”. Augusto Sainati ricuce la discussione, ricordando gli inizi della carriera di Maselli, a stretto contatto con Visconti e Antonioni. “Devo moltissimo a questi due maestri. Da Visconti in particolare ho sicuramente preso una certa nordica luteranità, che forse ben si può vedere anche in questo film”.
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