Di: Maresa Galli

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Torna in scena al Teatro di San Carlo (fino al 31 gennaio 2025) “Don Carlo” di Verdi, libretto di Joseph Méry e Camille Du Locle, dalla tragedia Don Karlos, Infant von Spanien di Schiller. Direttore Henrik Nánási. Claus Guth riprende la regia di Marcelo Persch-Buscaino, mette in scena la versione modenese in 5 atti, senza balletti, rappresentata per la prima volta nel 1886. Etienne Pluss firma le scene, Petra Reinhardt i costumi, Olaf Freese le luci riprese da Virginio Levrioe Roland Horvath il video. Yvonne Gebauer firma la drammaturgia ed Evie Poaros la coreografia dei mimi. Produzione del Teatro di San Carlo in coproduzione con l’Opera e il Balletto Nazionale di Lettonia. Opera inaugurale della Stagione sancarliana del 2022/2023, è rinnovata nel cast che dà ottima prova, così come il Coro ottimamente preparato da Fabrizio Cassi e l’Orchestra ben diretta da Nánási. Per il regista Guth “Don Carlo è un personaggio fragile, incapace di far fronte a ciò che la società esige da lui. È un sognatore, più vicino al mondo della fantasia che alla realtà. È e rimane intrappolato nello stesso spazio e questa prigionia descrive la sua condizione nel mondo. Non riesce a trovare una collocazione nel cosmo in cui è nato, sembra essere al posto sbagliato: il padre lo rifiuta e la donna che ama diventa sua madre dopo aver sposato Filippo II. Anche Rodrigo, l’unico amico che sembra avere, lo strumentalizza per i suoi scopi. Tutto questo crea in lui una visione oscura del mondo, simile ad una prigione. Con lo svolgersi dei cinque atti, sempre più i personaggi si rivelano nella loro stessa disperazione e solitudine”. I personaggi sono collocati nel loro tempo e ambientazione storica. Gli elementi scenici ben rendono l’atmosfera cupa e violenta della corte e della chiesa. Attorno ai protagonisti una tribuna per il coro e, al centro della scena, campeggia il quadro di una nobile famiglia. Amore, morte, rapporto genitori-figli, potere, sono i temi per una partitura ricca e politica del Verdi figlio del Risorgimento, portavoce di posizioni liberali. Evidente la critica al potere temporale ed ecclesiastico. Emblematico l’incontro/scontro tra Filippo II e il Grande Inquisitore, tra due visioni del mondo, con “il trono piegar dovrà sempre all’altare!”, dirà Filippo sottomesso, che sacrificherà il figlio per il bene superiore dello Stato. Gli abiti sono scuri, con l’eccezione di Don Carlo che indossa una camicia bianca, distante da questo mondo di terrore, di oppressione, ben impersonati dalla figura del Grande Inquisitore, interamente vestito di nero. Nei cinque atti, lo spazio scenico è una stanza che diviene cella, foresta di Fontainebleau, chiostro del convento di San Giusto, piazza o stanze del re e della regina. Tutto è avvolto in luci cupe e spettrali, in un’atmosfera onirica, come in un incubo.Il basso John Relyea è un Filippo II dalla bella presenza scenica e dal bel timbro scuro. Piero Pretti, Don Carlo, ben interpreta tutte le sfumature del personaggio, brillante nel registro acuto. Ottimo Alexander Tsymbalyuk nei panni del Grande Inquisitore, così comeRachel Willis-Sørensen nel ruolo di Elisabetta dalla voce potente e dai begli acuti e presenza scenica, a lungo applaudita. Bravi Giorgi Manoshvili, un Frate, Gabriele Viviani, Rodrigo e Varduhi Abrahamyan, nel non facile ruolo della principessa Eboli. Ottima prova per tutto il cast vocale. Originale l’introduzione in scena del personaggio del giullare (attore), un bravo Fabián Augusto Gómez, alter ego di Don Carlo. Tanti applausi per tutti i protagonisti dell’opera.