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Giovedì 28 novembre alle 21.00al Ridotto del Mercadante

debutta in Prima Nazionale lo spettacolo

LAGUNA CAFE’

testo di Giuseppe Affinito

regia di Benedetto Sicca

con Giuseppe Affinito e Gianluca Merolli

«Laguna cafè nasce come un inno alla fragilità, una danza della tenerezza.

La tenerezza: una cosa semplicissima e delicata,

a volte dimenticata, sognata, temuta.»

Il Teatro di Napoli-Teatro Nazionale è lieto di presentare lo spettacolo scritto da Giuseppe Affinito – del quale è anche interprete insieme a Gianluca MerolliLaguna Café, in prima nazionale al Ridotto del Mercadante da giovedì 28 novembre a domenica 8 dicembre, con la regia di Benedetto Sicca.

Le scene sono di Luigi Ferrigno e Sara Palmieri, le luci di Cesare Accetta, i costumi di Dario Biancullo, la drammaturgia musicale e il disegno del suono di Chiara Mallozzi, la consulenza coreografica è di Luna Cenere.

La produzione è del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Casa del Contemporaneo centro di produzione teatrale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival.

In uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, due uomini, Giosuè e Andrea, si ritrovano dopo anni per affrontare ricordi e rimpianti. Compiono un viaggio emotivo che esplora l’amore e le relazioni e che li condurrà fino al compimento ineluttabile del loro destino.

Un incontro che mette a nudo la vulnerabilità umana, l’inadeguatezza dei sentimenti e la ricerca di una verità condivisa.

Note di regia

di Benedetto Sicca

«L’anima è una forza che ci permette di percepire tutto ciò che ci è estraneo. Ci fa sentire un’emozione, ma non si riduce a un semplice sentimento; ci aiuta a costruire idee e valori, ma non è solo un pensiero; ci porta al piacere, ma non è soltanto piacere, perché include sempre qualcos’altro. Quando la coscienza la riconosce, l’anima ci offre l’opportunità di superare i limiti dell’Io, e la sua bellezza si manifesta in questo movimento.

I due protagonisti di Laguna Cafè, Giosuè e Andrea, si rincontrano dopo 10 anni per una sorta di resa dei conti dell’anima».

«Si ritrovano – continuano le note – accecati dal loro battito cardiaco ed assordati dalla luce dei propri desideri, in un viaggio sinestetico in cui il senso sta tutto nel percorso e non nell’approdo.

Giosuè è un’Anima che lotta per inseguire la propria passione, ma rimane incastrata in un futuro che non arriverà mai. Andrea ha un’anima incastrata in un’esistenza che diviene il crudele diaframma tra il desiderio e la vita.

Giosuè ed Andrea – come tanti di noi – sono condannati a non poter evolvere, a non amare per davvero, ad aver bisogno l’uno dell’altro, a non potersi più desiderare. Perché il desiderio, quello puro, non può essere un bisogno. Solo ciò che è vita senza essere bisogno, infatti, possiamo chiamarlo amore. Il resto, no.

Ci siamo interrogati su come mettere in scena il desiderio di un’Anima. Alla fine ci siamo messi davanti ad un sipario chiuso: in un “incastro di tempo” in cui sovente anche le nostre anime si bloccano, in attesa di poter manifestare sé stesse e fluire libere dai condizionamenti dell’Io e del mondo. In questo spazio, non c’è posto per il desiderio, ma solo per il bisogno.

Ma mentre il desiderio fluisce accanto all’anima, guidandola verso la sua realizzazione irraggiungibile, il bisogno è il killer dell’anima: la ingabbia in un buio nevrotico, dove può rimanere incastrata per tutta la sua esistenza.

Ciò che è vita senza essere bisogno, chiamiamolo amore. Il resto, no.

Mettere in scena un testo che parli di questo in un’epoca oscurantista e reazionaria, in cui il linguaggio pubblico scivola verso una deriva intimidatoria, mi pare uno dei compiti del teatro. Questa deriva colpisce chiunque non si allinei a comportamenti normati, tranquillizzanti e di “buon senso”, in quanto maggioritari.»

LAGUNA CAFE’

di Giuseppe Affinito

regia Benedetto Sicca

con Giuseppe Affinito e Gianluca Merolli

scene Luigi Ferrigno e Sara Palmieri

luci Cesare Accetta

costumi Dario Biancullo

drammaturgia musicale e disegno del suono Chiara Mallozzi

consulenza coreografica Luna Cenere

assistente alla regia Antonio Turco

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Casa del Contemporaneo centro di produzione teatrale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival

ufficio stampa Sergio Marra (responsabile), Valeria Prestisimone

calendario delle rappresentazioni:

28/11/2024 ore 21:00, prima assoluta

29/11/2024 ore 21:00, 30/11/2024 ore 19:00, 01/12/2024 ore 18:00, 03/12/2024 ore 21:00, 04/12/2024 ore 18:00, 05/12/2024 ore 21:00, 06/12/2024 ore 18:00, 07/12/2024 ore 17:00, 08/12/2024 ore 21:00

Durata dello spettacolo: 1 ora e 15 minuti

Info www. teatrodinapoli.it

Biglietterie tel 081.5513396 | 081.292030 / 081.291878 | biglietteria@ teatrodinapoli.it

Note dell’autore

Cosa diresti se ti trovassi in un posto in cui puoi dire tutto, senza esclusione, senza paura, a chiunque, a te stessə, a nessunə? Un posto in cui l’amore e incondizionato e tutto è possibile? Laguna cafè trae la sua ispirazione da questa domanda e nasce come un inno alla fragilità, una danza della tenerezza. La tenerezza: una cosa semplicissima e delicata, a volte dimenticata, sognata, temuta. Qui ci sono due persone fragili che si chiedono un po’ di tenerezza. Giosuè è pieno di dolcezza, di una disperata vitalità, di un’incredibile e tormentata voglia di amare.
Vive ancora e costantemente all’interno di un sogno o, forse, di una nevrosi.
Andrea e duro, consunto, disilluso, a tratti brutale. La sua ormai e una realtà fatta di scelte concrete e minori fantasie.

Il luogo in cui, però, si incontrano e che rievocano e un luogo di sogno, di potenza, di bellezza, in cui avere cura, in cui poter essere anche piccoli e indifesi. Un mondo di libertà mancante all’interno delle nostre società, un mondo che ci vogliono nascondere, fatto dall’individuə stessə, dove le regole non attecchiscano, così grande da avere spazio per tutte le soggettività, dove non conviene più apparire o appartenere, dove si può finalmente essere.

Ho scelto una dinamica apparentemente molto semplice, quella di un incontro tra due persone che si sono amate – o hanno provato ad amarsi, in cui quasi chiunque può trovare possibilità di immedesimazione, per arrivare a parlare di qualcosa di molto più intimo e radicato. Esplorare, cioè, attraverso il linguaggio e i corpi, un certo disagio del contemporaneo rispetto all’amore, alle relazioni, ai sentimenti, alla sessualità.
La mia generazione, in particolar modo, è quella di chi si trova a fare i conti con le nuove precarietà del mondo “adulto”, le domande di un presente instabile, le incertezze di un futuro evanescente. Ma anche con la violenza di una società omologante e sovradeterminante, che schiaccia e disprezza chi è difforme, che insegna l’amore come qualcosa da guadagnare con fatica. Più alti sono i canoni, maggiore e la performatività richiesta e maggiore è la frustrazione. Tutto questo si traduce in una grande paura: quella del fallimento. La paura di non farcela, di sentirsi inadeguatə, paura del rifiuto, dell’abbandono. Si propaga allora un torbido meccanismo di condizionamenti e aspettative che inquina le nostre relazioni, con gli altri e con noi stessə. Per timore di non avere lo spazio per essere accettati per ciò che siamo, cerchiamo di assomigliare a qualcosa di riconosciuto, ci trasformiamo in ciò che vogliono e si attendono da noi.

Ci rinchiudiamo inconsapevolmente in delle prigioni emotive dove i nostri desideri e le nostre identità sono facilmente individuabili e spendibili nel “mercato” sessuoaffettivo, in conflitto continuo tra la voglia di dare e l’angoscia di chiedere. Il luogo al centro di questo testo – la laguna – racchiude allora proprio il desiderio – o l’utopia – di curare le nostre ferite e restituirci la liberta di immaginare ciò che non ci permettiamo più di immaginare. Restituirci, cioè, la forza, il coraggio di divincolarci dalle gabbie dei condizionamenti e non fare mai più compromessi con il nostro cuore.

Giuseppe Affinito