Di: Sergio Palumbo
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“La grande magia” è una delle commedie più enigmatiche e simboliche di Eduardo De Filippo, meno legata al realismo tipico delle sue opere più famose e più orientata verso un teatro dell’assurdo, vicino a tematiche pirandelliane. Eduardo mette in scena un dramma che esplora la fuga dalla realtà e la costruzione di illusioni, con una forte riflessione sulla condizione umana. Quando fu presentata al pubblico per la prima volta, la commedia non venne completamente compresa: il pubblico del dopoguerra, forse, non era ancora pronto a cogliere l’intreccio tra magia e filosofia che sottende l’opera. Tuttavia, nel tempo, “La grande magia” è stata rivalutata, diventando un’opera chiave per comprendere il percorso artistico e filosofico di Eduardo.
La trama si concentra su Calogero Di Spelta, un uomo ossessionato dalla gelosia e dal bisogno di controllo, la cui vita cambia drasticamente quando, durante uno spettacolo di magia, il mago Otto Marvuglia fa scomparire sua moglie, Marta. Il mago, abilmente, convince Calogero che la moglie è intrappolata in una scatola e che solo la sua fede nel loro amore potrà farla riapparire. In realtà, Marta ha abbandonato il marito, fuggendo con un altro uomo. Calogero, però, preferisce vivere nell’illusione piuttosto che affrontare la dura verità del tradimento. L’opera diventa così una riflessione sulla fragilità umana, sulla capacità di autoinganno e sul confine labile tra ciò che è reale e ciò che vogliamo credere sia tale.
La regia di Gabriele Russo porta in scena una lettura contemporanea e innovativa del testo, con una particolare attenzione alla dimensione simbolica e psicologica della commedia. Russo abbandona il naturalismo per costruire un mondo sospeso, un “non-luogo” dove la magia non è solo un trucco scenico, ma una metafora delle illusioni che costruiamo per vivere. La regia si allontana da una rappresentazione classica, scegliendo di esplorare l’aspetto filosofico del testo, in linea con le influenze pirandelliane e del teatro dell’assurdo che Eduardo stesso aveva dichiarato. Questo approccio si riflette in una messa in scena fluida, dove i confini tra realtà e illusione vengono continuamente sfumati, creando una tensione costante che cattura lo spettatore. Il ritmo è scandito da momenti di riflessione profonda alternati a situazioni surreali, che contribuiscono a mantenere alta la tensione per tutta la rappresentazione.
Uno dei punti di forza di questo allestimento è sicuramente il cast, capitanato da Natalino Balasso e Michele Di Mauro. Balasso, nel ruolo di Calogero Di Spelta, offre una performance intensa e sfaccettata. Il suo Calogero è un uomo tragicamente comico, incapace di accettare la realtà e intrappolato nelle sue stesse illusioni. Balasso riesce a rendere palpabile la disperazione di un personaggio che, pur di non affrontare la verità, si aggrappa con tutte le sue forze a un trucco da illusionista. La sua interpretazione è ricca di sfumature, oscillando tra ironia e tragedia.
Michele Di Mauro, nel ruolo del mago Otto Marvuglia, interpreta un personaggio enigmatico e ambiguo, capace di manipolare non solo i personaggi in scena ma anche il pubblico. Di Mauro dona al suo Marvuglia un’aria di cinismo misto a leggerezza, rendendo il personaggio un vero burattinaio delle vite altrui, ma senza mai farlo risultare completamente negativo. Il suo Otto Marvuglia è un uomo che ha compreso il potere dell’illusione e lo sfrutta con maestria.
Gli altri interpreti in scena, Veronica D’Elia, Gennaro Di Biase, Christian Di Domenico, Maria Laila Fernandez, Alessio Piazza, Sabrina Scuccimarra, Manuel Severino, Alice Spisa e Anna Rita Vitolo, offrono una performance corale coesa e ben orchestrata, contribuendo a rafforzare il senso di straniamento e ambiguità che attraversa lo spettacolo. Ogni attore si muove con precisione nel gioco delle illusioni orchestrato da Otto Marvuglia, interpretando con grande efficacia il ruolo di pedine in una complessa rete di inganni, senza mai perdere la vivacità e la coerenza del racconto scenico.
La scenografia di Roberto Crea è cruciale nel creare un’atmosfera sospesa e surreale che pervade l’intera rappresentazione. Gli ambienti mutano costantemente, passando da spazi concreti come l’albergo e lo studio del mago a quelli più simbolici, riflettendo lo stato interiore dei personaggi. I costumi di Giuseppe Avallone evocano una dimensione fuori dal tempo, con dettagli che esaltano l’aspetto surreale e simbolico, enfatizzando la commistione tra realtà e illusione. Le luci di Pasquale Mari, fondamentali per il gioco di chiaroscuri, accentuano la tensione e suggeriscono il sottile confine tra vero e falso, mentre le musiche oniriche di Antonio Della Ragione completano il quadro sensoriale, guidando il pubblico in un viaggio che sfugge a ogni definizione temporale e spaziale.
“La grande magia” nella versione di Gabriele Russo si conferma un esperimento teatrale riuscito, capace di rendere attuale e coinvolgente un testo scritto più di settant’anni fa. Grazie a una regia visionaria e a interpretazioni di altissimo livello, lo spettacolo esplora i temi universali della fragilità umana, dell’autoinganno e della necessità di credere in qualcosa, anche quando questo qualcosa non è reale. Il pubblico è chiamato a riflettere, insieme ai personaggi, su quanto siamo disposti a vivere nell’illusione pur di evitare il dolore della verità.
“La grande magia” sarà in scena al Teatro Bellini fino al 2 novembre 2024.
Link: il sito del Teatro Bellini di Napoli – www.teatrobellini.it
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