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14 anni di registrazione (ma c’è chi dice anche 15). 13 milioni di dollari spesi (sic!). 14 studios cambiati in vari punti del globo. 13 componenti della band (tuttora non definita) succedutisi agli strumenti. Mille litigate, stop e restart. Tutto questo non poteva che sfociare in un disco pessimo, appesantito da troppi contrasti, senza unità nè coerenza e soprattutto privo di un suo motivo d’essere. Ma già Nietzsche (il cui Zarathustra da sempre affascina Axl Rose) sapeva che solo dal caos può nascere una stella che danza. E succede per davvero perchè la stella di Mr Rose è più fulgida che mai, con la sua personalità così prevaricante, con le sue idee politiche anche forti, col suo essere sempre e comunque così rock’n’roll (“tutto è possibile, io sono inarrestabile”), con la sua musica che ti si inchioda in testa e non c’è storia.
Chi può dire se finalmente l’uscita del CD il 23 novembre scorso, rappresenti la risoluzione e l’assoluzione di Axl… Certo, equivale a mettere un punto dal quale ripartire anche senza il resto dei vecchi Guns e sapere di potercela fare anche da solo. L’unico ripescato della formazione originaria, che oltre Axl contava sulle chitarre di Slash e di Izzy Stradlin, il basso di Duff McKagan, la batteria di Steven Adler, è il tastierista Dizzy Reed che compare per di più in un’unica canzone, che forse non a caso è anche la più bella, “Street of dreams”. Proprio l’assenza di Slash, insieme alle vicissitudini del disco, hanno influenzato il primo ascolto del disco: solo i più bravi ne hanno riconosciuto da subito la forza. Ma ormai la valutazione è unanime: Chinese Democracy è un ottimo lavoro. E lo resta anche se Axl ha deciso di cancellare all’ultimo momento l’assolo di Brian May in “Catcher in the rye”, se è impossibile non rimpiangere la mano di Slash intrecciata alla voce e al fischio malinconico di Axl, come ai tempi di “Patience”. Delle 14 tracce notevoli sono la già citata “Street of dreams”, che ne è il terzo singolo, bellissima ballata dal malinconico testo che sembra una presa di coscienza di Axl di tutto ciò che sembrava vero e non lo era. Più dure “Madagascar” e “Catcher in the rye” che vogliono indagare le radici dell’odio e della violenza: spunta inaspettato un monito ai genitori, quello di educare i nostri figli a rispettare la vita propria e degli altri. Di “Madagascar” vale la pena anche guardare il video toccantissimo, dove ascoltiamo la voce di Martin Luther King mentre vediamo Axl correre sul palco; il secondo brano, invece, che ha il titolo in originale del “Giovane Holden” di Salinger, ricorda come M.D.Chapman, l’assassino di John Lennon, non abbia avuto pena per il dolore di Yoko Ono e fu trovato dalla polizia, seduto sul marciapiede, con questo libro sotto il braccio. In “There was a time” bellissima la chitarra di Buckethead, bravissimo chitarrista riconoscibile per il suo cappello da secchiello del pollo fritto, che in un canzone di quasi 7 minuti fa un virtuosissimo assolo di chitarra di ben due minuti. “Sorry”, altra bellissima ballata sempre con Buckethead, dà spazio a tutte le capacità vocali fino all’urlo acuto di Axl che sembrano inalterate nel tempo. “Better”, l’attuale singolo, sta facendo conoscere i Guns anche a chi 15 fa non fruiva musica, abbracciando nuove fila di fans, ed è forse il brano più commerciale che piace per il suo ritornello hip hop.
In attesa del tour che dovrebbe passare anche di qui, consigliamo di ascoltare Chinese Democracy attivando la modalità testo del vostro MP3 perchè la musica maniacalmente perfetta di Mr Rose non può prescindere dai suoi testi forti e ribelli per sempre.
Recensione del libro “African Inferno” di Piersandro Pallavicini (Feltrinelli)
L’indie rock dei Ministri al Rising South, Napoli, il 22 febbraio 2009