Di: Maresa Galli
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Ha debuttato al Teatro San Ferdinando lo spettacolo “Pinter Party” di Harold Pinter, traduzione di Alessandra Serra, per la regia e con Lino Musella, uno dei più bravi attori e registi contemporanei. In scena dall’11 al 21 aprile, una produzione del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, la pièce cuce insieme tre testi del maggiore drammaturgo inglese del dopoguerra, Harold Pinter: “Il bicchiere della staffa” (1984), “Il linguaggio della montagna” (1988) e “Party Time” (1991). Frammenti del discorso di Pinter alla cerimonia di conferimento del Premio Nobel per la Letteratura ricevuto nel 2005, “Arte verità e politica”, intercalano lo spettacolo. “È per me un’occasione straordinaria portare al Teatro San Ferdinando – spiega Musella – in casa De Filippo, una delle personalità del ‘900 che ha coniugato con più forza popolarità e impegno: Harold Pinter. È un anno di commemorazioni per il San Ferdinando e per Eduardo e vorrei farlo celebrando le parole di un autore che ha avuto la lucidità e il coraggio di alzare la propria voce da uomo di teatro, da poeta, e da cittadino, contro l’ingiustizia e l’oppressione di determinati sistemi di potere e governi nel mondo. Sono grato a tutti gli interpreti e a tutti i collaboratori di aver voluto condividere, in questo nostro tempo, il viaggio nelle parole che Harold Pinter ha scelto per esprimere la sua indignazione verso chi calpesta diritti e dignità umane e per dare forma al dolore per le sofferenze di tutti i popoli oppressi”.
Nel “New Shorter Oxford English Dictionary” esiste l’aggettivo pinteresque, “caratteristico di Pinter o della sua opera”, che fa comprendere l’enormità del suo teatro. Gran parte dei suoi drammi si svolgono in una stanza, con un senso di apparente sicurezza in contrasto con il freddo del mondo esterno. Nel lavoro messo in scena da Musella Paola Castrignanò ha immaginato un grande spazio vuoto e nero, con pochissimi oggetti, un richiamo a grandi quadri iperrealisti. Teatro dai contenuti politici, lontani da qualsivoglia propaganda, gioca su un campo indeterminato. In “One for the Road” (Il bicchiere della staffa) Pinter mostra proprio la dittatura, con la stanza di Nicolas, funzionario della “sicurezza”. Oppositori del regime, i coniugi Victor e Gila sono in prigione e torturati. Nicolas, un uomo dei servizi o della polizia, sottopone ad un crudele interrogatorio la coppia di intellettuali ed il loro bambino di sette anni, Nicky. La loro colpa è quella di “pensare”. Nel testo si legge la denuncia della tortura ma soprattutto della violenza psicologica, più sottile e crudele, così come in “Mountain Language” (Il linguaggio della montagna). Nella prigione di un paese la lingua parlata dagli abitanti della montagna è vietata. La lingua ufficiale è quella della capitale. Luogo di repressione per eccellenza, mostra ufficiali che abusano di donne che aspettano per ore al gelo per vedere i propri cari rinchiusi e torturati, minacciate da cani feroci. Non è importante il paese ma l’oppressione di chi comanda in nome della democrazia. Così intenso è “Party Time”, la cui azione ha luogo nell’appartamento di un importante uomo politico. Mentre lui festeggia, fuori l’esercito reprime i cittadini ribelli. Mondanità, dialoghi banali e falsi, indifferenza e allusioni sessuali, mostrano il vero volto del potere politico, cinico e assassino. Pur non essendo ambientato in un paese dittatoriale, mostra comunque il male e la tentazione del regime che si annida nelle democrazie occidentali. Il dolore individuale diventa collettivo, e la parola è mezzo spietato di distinzione tra classi sociali, tra potenti e “stranieri”. Maestro della parola teatrale, Pinter ne ha messo in luce tutta la forza, la capacità di creare o distruggere un mondo. Nel discorso che tenne al Nobel, critico nei confronti della politica degli Stati Uniti, delle dittature, della brutalità militare di tanti governi, parla di corresponsabilità, di “conflitti a bassa intensità”, di bugie fatali e di coscienza. Perché ciò che conta per tutti noi, il nostro compito decisivo, è quello di ripristinare la dignità dell’uomo. La Politica per Pinter è recupero dell’umanità perduta.
Bravissimi gli attori in scena egregiamente diretti da Musella, che ha interpretato Narratore, Victor, prigioniero, cameriere; Paolo Mazzarelli, Nicolas, Gavin; Betti Pedrazzi, Donna anziana, Donna Melissa; Totò Onnis, Ufficiale, Terry; Eva Cambiale, Giovane donna, Dusty; Gennaro Di Biase, Sergente, Douglas; Dario Iubatti, Guardia, Fred; Ivana Maione, Giovane donna, Liz; Dalal Suleiman, Gila, Giovane donna, Charlotte. In video Matteo Bugnonel ruolo diNicky (figlio di Victor e Gila). Firma i costumi Aurora Damanti; lemusiche originali e il disegno sonoro sono di Luca Canciello; ildisegno luci di Pietro Sperduti; i video di Matteo Delbò.
Tanto pubblico e lunghi, meritati applausi ai protagonisti del prezioso lavoro, ancor più urgente di questi tempi.
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