Di: Sergio Palumbo
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Torna dopo ben diciotto anni il Don Giovanni di Mozart al Teatro San Carlo di Napoli, nello stesso allestimento andato in scena nel 2002 e nel 2006, firmato da Mario Martone. Grande successo già al botteghino, dove praticamente per tutte le repliche si è registrato il tutto (o quasi) esaurito.
Una grande tribuna occupa la scena e l’azione si svolge in quella che potrebbe sembrare un’arena, o un’aula di un tribunale, con una giuria, composta da comparse o talvolta dagli stessi cantanti, che siede sugli scanni e si anima nelle fasi più concitate. Due bracci che girano intorno alla buca orchestrale consentono incursioni degli interpreti in platea e nei palchi di proscenio. Seppur non scenicamente indimenticabile, la regia di Martone coinvolge il pubblico con il suo vivace dinamismo e con scelte che, senza essere invasive, riescono ad attualizzare l’opera in un’epoca post “Me Too”. La maestria di Martone si vede proprio in alcuni tocchi leggiadri, come il nastro con cui Zerlina lega Masetto mentre canta “Batti, batti, o bel Masetto, la tua povera Zerlina” o il finale in cui il “catalogo” delle conquiste viene ridotto in mille pezzi dalle donne in scena. Notevole, poi, il lavoro sui singoli personaggi, che Martone ha approfondito in modo magistrale, con gesti ed espressioni sempre ben calibrati sui singoli caratteri. Molto ben curati i costumi, a cura di Sergio Tramonti, che firma anche le scene. Le luci di Pasquale Mari hanno aggiunto profondità e drammaticità alle scene, attraverso giochi di luce e ombra, in modo da sottolineare i momenti chiave della narrazione, creando atmosfere suggestive e coinvolgenti, come ad esempio nella scena in cui Don Giovanni sprofonda negli inferi.
Andrzej Filończyk ha incarnato il ruolo del seducente Don Giovanni con il perfetto physique du rôle e la giusta baldanzosità, ma andando più volte in debito di fiato nelle scene più concitate (ad esempio nell’aria “Fin ch’han dal vino”). Krzysztof Bączyk conquistato il pubblico con il suo Leporello, cui ha conferito la sua abilità comica e la sua presenza scenica vivace, compensando un timbro non sempre felicissimo e la dizione decisamente perfettibile. Selene Zanetti ha regalato al pubblico una Donna Elvira piena di pathos e vulnerabilità, ben rendendo scenicamente tutti i contrasti interiori del personaggio (meritatissimi gli applausi a scena aperta dopo l’intensa interpretazione del recitativo ed aria “In quali eccessi, o Numi … Mi tradì quell’alma ingrata”), ma esibendo gravi spesso troppo opachi. Di converso, Roberta Mantegna, nel ruolo di Donna Anna, ha convinto per agilità vocale ed eleganza di fraseggio, talvolta però difettando di espressività. Bekhzod Davronov ha conferito al personaggio di Don Ottavio una voce chiara ed elegante e un’efficace pertinenza teatrale. Ottima la sua esecuzione dell’aria “Il mio tesoro intanto”. Antonio Di Matteo ha impressionato nel ruolo del Commendatore, con la sua voce possente e la sua presenza imponente. Convincenti, senza particolari guizzi, la Zerlina di Valentina Lafornita ed il Masetto di Pablo Ruiz.
Bene l’orchestra del San Carlo, che Constantin Trinks ha diretto con tempi talvolta dilatati, cercando un equilibrio tra palco e buca non facilissimo da trovare, anche in virtù degli ampi spazi in cui i cantanti si muovevano. Ottimo il lavoro del Coro del San Carlo, diretto da Fabrizio Cassi.
Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it
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