Di: Maresa Galli
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Al Teatro Mercadante di Napoli è andato in scena “Cyrano De Bergerac”, di Edmond Rostand, per la regia di Arturo Cirillo che firma anche l’adattamento e ne è interprete nel ruolo principale.
Con lui un affiatato e ottimo cast composto da Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Valentina Picello, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini. “Andare con il ricordo ad un musical da me visto da ragazzino a Napoli, nell’ancora esistente Teatro Politeama, è stato il primo moto di questo nostro nuovo spettacolo. Il musical in questione era il “Cyrano” tratto dalla celeberrima commedia di Rostand, a sua volta ispirata ad un personaggio storicamente vissuto, coetaneo del mio amato Molière”, spiega l’attore e regista che fa riferimento alla commedia con le irresistibili musiche di Domenico Modugno e i testi di Riccardo Pazzaglia. Chi non ricorda le versioni cinematografiche, in primis quella di Gérard Depardieu del 1990, o la messa in scena teatrale di Carmelo Bene? Nel coloratissimo spettacolo le musiche originali e le rielaborazioni di Federico Odling vanno da Èdith Piaf a Fiorenzo Carpi. Le belle scene sono di Dario Gessati, con una pedana circolare girevole, gli sfavillanti, luccicanticostumi da fiaba sono di Gianluca Falaschi, le luci di Paolo Manti. Una fantastica pagina di letteratura trasformata da Cirillo in uno scintillante varietà fatto di paillettes e belle canzoni, un teatro-canzone che nulla toglie alla tragicità dell’amore non corrisposto, alle ferite di guerra e dell’anima. Più poeta e visionario e meno spadaccino, Cyrano-Cirillo racconta il suo impossibile amore per la cugina Rossana, il tormento che gli arreca il suo smisurato naso, che fa il verso al Pinocchio di Carmelo Bene, un naso disturbante ma importante, un naso che è personalità e tormento. Rossana, d’azzurro vestita, tra la Fata Turchina di Collodi e le dive platinate di hollywoodiana memoria, e la balia sempre al suo fianco è chiamata Lumachina; il fido Raguenau rappresenta il Grillo Parlante. L’opera di Rostand mescola comico e patetico, tenerezza e violenza, diversi opposti registri che ne fanno un frutto tardivo del romanticismo. Momenti patetici e insieme pittoreschi, ambientazioni vivaci, un’ispirazione dumasiana guascona e le scene di teatro nel teatro ne fanno un autentico capolavoro che non smette mai di emozionare e commuovere. Scriveva Roberto Bracco a Edmond Rostand: “Cyrano, il guascone spavaldo e audace, circondato dal Coro buffonesco dei Cadetti, dispensatore di ceffoni e di morte, paladino della muliebrità preziosa, ammiratore del proprio genio sino al punto di godersene la vittoria a dispetto della sua infelicità d’innamorato e a beneficio d’un rivale cretino, si piega poi su di sé medesimo e, come un pensoso di oggi, come un infelice moderno fa la sua autopsia ed analizza e scompone il suo innamoramento, la sua audacia, le sue esagerazioni, la sua timidità, le gioie del suo cervello, le angosce del suo cuore”. Se i versi sono fedeli all’opera originale, Cyrillo li contamina amabilmente, offrendone una lettura sensibile, anche gioiosa, salvifica, con la potenza del teatro. Tutti bravi gli attori che rendono piacevoli e coinvolgenti le due ore ininterrotte di spettacolo.
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