Di: Maresa Galli
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Al teatro TRAM è andato in scena lo spettacolo “Lumache”, testo e regia di Pietro Juliano, apprezzato attore teatrale, protagonista di intensi lavori di Fortunato Calvino e con interessanti esperienze nel cinema (tra i tanti, con Roberta Torre al fianco di Luigi Lo Cascio in “Mare nero”), nella tv (“Gomorra 5”, “I Cesaroni 5”) e nel doppiaggio (“Kung Fu Panda”). Gli interpreti del testo andato in scena nella sala di Port’Alba sono Cinzia Cordella, Nello Provenzano e Peppe Romano.
La pièce racconta la storia di Lea Crivello, scrittrice colta, raffinata, a caccia di un importante contratto con una casa editrice per il suo nuovo romanzo. La scena si svolge in un ristorante dove la donna, afflitta anche da difficoltà economiche, incontra lo sgradevole, spietato editor Manuel Montedoro, chetira in ballo argomentifilosofici, metafisici, di ogni tipo, pur di raggiungere il suo scopo: sedurre la donna per darle, forse, in cambio l’agognato contratto.
“L’idea di affrontare questo argomento – spiega il regista – parte da molto lontano, ponendomi in una posizione neutra rispetto alle parti (chi utilizza la propria posizione di superiorità per trarne più potere e dall’altro, chi potenzialmente è disposto a tutto per trarne un beneficio più rapido), interrogandomi anche sulla condizione che assume in sé chi rifiuta di scendere a compromessi e vedersi scavalcare puntualmente non per meriti bensì per dinamiche frutto del “do ut des”. “Stare nelle cose” è un altro spunto che mi ha spinto a chiedermi se abbandonare davvero ciò che si è scelto di fare nella vita, per vocazione o meno, sia l’unico modo di dimostrare a sé stessi che si ama veramente. Altro elemento è la lentezza. Ho associato questi pensieri inevitabilmente alla lumaca, nota non solo per questa caratteristica, ma anche perché porta con sé un enorme guscio (peraltro estremamente fragile) che serve a proteggersi al minimo pericolo”. La vita di chi non gode di privilegi significa rischio, pericolo, mettersi costantemente in gioco. Lea, arrivata a cena col suo sorriso, i suoi sogni, “al limite della santità”, con la sua forza dialettica, cede man mano il passo al crudele, lucido delirio del predatore, un uomo viscido e disgustoso, compromesso dalla politica di scambi, dal mercato, dal facile guadagno. La logica corrente è quella dello scrittore alla moda, banale ma che vende – e al lettore si rifila ciò che si vuole. Tra i due si inserisce il sommelier, figura apparentemente neutra, impeccabile nel suo lavoro, ma che scopriamo lontano anni luce dalle sue scelte, con i suoi sogni rinchiusi da tempo nel cassetto. I vinti, i vincitori… si è forse forti nell’accettare compromessi e ricatti? Al tappeto una buona riflessione sul mondo del lavoro che ridimensiona aspirazioni e sogni e sui rapporti di forza che troppe volte si instaurano tra uomini con posizioni di potere e donne costrette a subire….
Brava Cinzia Cordella nell’interpretazione di Lea, così come Peppe Romano che ha rinunciato alle proprie aspirazioni per trasformarsi in un cameriere di tutto rispetto.
Troppo sul rigo, invece, Nello Provenzano, per un ruolo già sovrabbondante di emozioni forti che non richiede di urlare per conquistare l’attenzione del pubblico che ha gradito la pièce.
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