Di: Sergio Palumbo
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Torna al Teatro San Carlo di Napoli la “Madama Butterfly di Giacomo Puccini, nell’allestimento per la regia di Ferzan Özpetek e le scene di Sergio Tramonti, già andato in scena lo scorso aprile. Con la prova generale aperta al pubblico il San Carlo rinnova il suo impegno per il sociale, devolvendo parte del ricavato al progetto “Arte da Mare” dell’associazione Arci Mare Bagnoli.
“Nagasaki, il mare, il porto”: lo sciabordio delle onde accoglie gli spettatori in sottofondo mentre si accomodano in sala ed un mare tumultuoso sarà sempre sullo sfondo, in una Nagasaki post-atomica degli anni ’50, epoca in cui il regista sceglie di ambientare la vicenda. Özpetek passa da una Traviata orientaleggiante ad una Butterfly dove di Oriente c’è piuttosto poco, soprattutto nel secondo e nel terzo atto, dove le poco avvincenti scene sono costituite da due imponenti pareti grigie che fanno ricordare più un capannone industriale che “una casetta che obbedisce a bacchetta”. Perfino lo zio Bonzo visivamente ha ben poco di “bonzeria”. Di miglior esito la scenografia del primo atto, che porta il pubblico in un più convincente villaggio di pescatori giapponese.
Gabriele Ferro, sul podio dell’ottima Orchestra del San Carlo, è molto abile a trovare il giusto equilibrio tra palco e buca, ma i tempi staccati sono leggermente troppo dilatati. Molto bene il Coro preparato da Gea Garatti Ansini, anche se la posizione fuori scena voluta dal regista per il delicato coro a bocca chiusa ne sacrificano l’udibilità: un vero peccato. Inoltre, anche se è un vero tocco d’artista il videoritratto di Luciano Romano proiettato durante il coro a bocca chiusa, dove si vede Cio-Cio-San (interpretata da un’encomiabile Roberta Astuti) prima di spalle al mare in un intenso primo piano e poi lentamente voltarsi in attesa della nave di Pinkerton, la soluzione registica sa di “già visto”, ricordando l’analogo videoritratto di Violetta nella Traviata del regista turco.
Nel ruolo del titolo, Evgenia Muraveva (che si alterna con Amarilli Nizza) conquista il pubblico più sul fronte vocale che su quello attoriale, conferendo al suo personaggio una voce dal bel colore e sicura sugli acuti, ma, soprattutto nei primi due atti, il soprano russo non suggerisce quell’espressività scenica che avrebbe dato la forza drammatica che ci si potrebbe aspettare. Ivan Magrì (che si alterna con Luciano Ganci) è un Pinkerton fresco, dal bel timbro squillante e dall’emissione limpida, solo un po’ impacciato nella scena del duetto con Butterfly del primo atto, che nelle intenzioni del regista sarebbe dovuta risultare di grande sensualità, ma che nel complesso risulta più che altro goffa. Ottimo lo Sharpless di Claudio Sgura, autorevole per voce e presenza scenica ed elegante nel fraseggio. Molto bene anche il Goro di Massimiliano Chiarollo e la Suzuki di Anna Malavasi. Completano decorosamente il cast Luciano Leoni (lo zio Bonzo), Paolo Orecchia (Yamadori) e Rossella Locatelli (un’elegantissima Kate Pinkerton).
“Madama Butterfly”, di Giacomo Puccini, per la regia di Ferzan Özpetek, sarà in scena al Teatro San Carlo di Napoli fino al 1° giugno 2019.
I testi sono incommentabili, una vera offesa agli autori originali. Con me ho visto altri spettatori che lasciavano il teatro all’inizio del secondo atto. Avremmo dovuto chiedere il rimborso del costo dei biglietti.
La coreografia sa di immobile. Non coinvolge. La narrazione è lenta. Buona l’ orchestra. Ottimo il tenore,meno il soprano. Non emerge alcuna sensualità.
Versione memorabile, che rapisce dal primo all’ultimo istante. La tensione emotiva intorno alla Butterfly e alla storia del suo amore costruita in modo partecipe e mirabile. L’ essenzialità delle scene è tesa a concentrare ogni emozione sulla creatura in attesa e sulle sue pene d’ amore. Voci bellissime, in particolare quella del soprano. Pubblico commosso, rapito.