Di: Sergio Palumbo
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Immancabile nel cartellone della stagione d’opera del Teatro San Carlo di Napoli, a distanza di appena un anno torna sulle scene del Massimo napoletano “La Bohème” di Giacomo Puccini, in un allestimento già andato in scena nel 2015 e nel 2016, per la regia di Francesco Saponaro, le scene di Lino Fiorito e le luci di Pasquale Mari, seppur con qualche modifica.
Già non particolarmente entusiasmante per le scene scarne ed alcune scelte registiche piuttosto controverse, l’odierno allestimento convince ancor meno per la scelta di utilizzare come fondale dei primi due quadri un panorama napoletano, con il mare ed il Vesuvio, cui viene aggiunta una Tour Eiffel che a qualcuno ha fatto pensare a “N’Albero” (nonostante i vani tentativi di cancellarlo definitivamente dalla memoria). Il fondale del terzo quadro, invece, ricorda molto la periferia orientale di Napoli. La scelta del regista di “immaginare Napoli e Parigi unite simbolicamente in un unico spazio dell’anima”, in realtà, si traduce in un paradosso difficile da digerire. Tutto ciò si aggiunge ad alcune scelte che già fecero discutere negli anni passati, come quella di eliminare completamente lo sfarzo del Momus nel secondo quadro ed il corteo funebre che nel finale sottrae il corpo di Mimì a Rodolfo. Di converso, la regia di Saponaro è decisamente apprezzabile per il gradevole dinamismo dei momenti più goliardici dell’opera e alcuni richiami alla tradizione teatrale partenopea, come il Marcello che si finge morto quando arriva il padrone di casa o il pranzo portato da due garzoni che seguono Schaunard, che ricorda molto la famosa scena di Miseria e Nobiltà.
Sul fronte musicale, la direzione del giovane Alessandro Palumbo, al suo esordio sul podio del San Carlo e nella direzione della Bohème, è ordinaria e corretta, ma forse troppo cauta, dando il sentore quasi di una rinuncia a dare una propria impronta personale. In alcuni passaggi l’equilibrio tra l’ottima orchestra sancarliana ed il palco sarebbe da affinare, ma a parte questo c’è ben poco da eccepire.
Nel cast vocale, spicca la maiuscola prova del soprano messicano Karen Gardeazabal (che si alterna nel ruolo con Lana Kos), una perfetta Mimì dalla grande espressività e dalla voce agile e ben proiettata, particolarmente apprezzata dal pubblico già nella sua aria “Sì, mi chiamano Mimì”, che riscuote una giusta ovazione. Giorgio Berrugi, ripresosi dopo l’indisposizione che lo aveva costretto a saltare la prima (sostituito, in tale occasione, da Francesco Pio Galasso), si rivela un Rodolfo dal timbro brillante e dagli acuti luminosi, meritando pienamente gli applausi a scena aperta dopo la celebre aria “Che gelida manina”. La Musetta di Hasmik Torosyan (che si alterna con Valentina Mastrangelo) ben interpreta le indicazioni del regista di affrescare il personaggio quasi come una sciantosa e risulta fresca e deliziosa, con una voce duttile e dal bel colore. Sia dal punto di vista scenico che da quello vocale, il suo valzer “Quando men vo”, magistralmente eseguito, è uno dei momenti migliori del secondo quadro. Molto bene anche il Marcello di Simone Alberghini (che si alterna con Filippo Polinelli), spigliato, disinvolto e dalla voce solida. Enrico Maria Marabelli (che si alterna con Francesco Verna) è convincente nel ruolo di Schaunard, in cui dimostra una notevole agilità scenica. Pregevole il Colline di Giorgio Giuseppini (che si alterna con Vladimir Sazdovski): la sua “Vecchia zimarra” è una delle migliori udite negli ultimi anni al San Carlo. Molto bene anche Matteo Ferrara, ormai esperto nel duplice ruolo Benoît/Alcindoro. Ottime le prove del Coro del San Carlo, diretto da Gea Garatti Ansini, e dell’adorabile Coro delle Voci Bianche, diretto da Stefania Rinaldi.
“La Bohème”, di Giacomo Puccini, sarà in scena al Teatro San Carlo di Napoli fino al 22 gennaio 2019.
Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it
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