Tempo di lettura stimato: 4 minuti
Kát’a Kabanová di Leos Janácek
Seconda opera in cartellone della Stagione d’Opera – appena inaugurata – del Teatro di San Carlo di Napoli. Sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro di San Carlo Juraj Valčuha. Regia di
Da sabato 15 a giovedì 20 dicembre sarà in scena al Teatro di San Carlo di Napoli una delle storie più controverse e affascinanti della letteratura musicale russa: Kát’a Kabanová, di Leos Janácek, autore anche del libretto.
Sul podio, alla guida dell’Orchestra e del Coro (istruito da Gea Garatti Ansini) del Teatro di San Carlo, il direttore musicale Juraj Valčuha. La regia è a firma di Willy Decker, la produzione è della Staasoper di Amburgo e viene presentata per la prima volta in Italia.
«Janácek si interessava alla melodia della lingua parlata, – afferma Valčuha – la sua era quasi un’ossessione: osservava il rapporto fra il significato delle parole e il loro suono. Quando camminava per le strade aveva sempre un taccuino su cui scriveva frasi brevi o solo alcune parole che sentiva, e insieme annotava le loro melodie e i loro ritmi. Questo gli ha fatto pensare alla musica, e specialmente alla musica vocale, in un modo molto diverso dagli altri».
Willy Decker ambienta la storia di Katerina Kabanovà in un passato indeterminato ma non troppo lontano, in un mondo claustrofobico di lana nera e gessato. Le scene e i costumi – netti e in gran parte monocromatici – di Wolfgang Gussmann rispecchiano l’oppressione dei personaggi imprigionati in una sola stanza, di legno, grigia, scarsamente arredata, a volte aperta per rivelare il cielo che però è sempre oltre, fuori portata.
Il libretto, dello stesso Janácek, ispirato al dramma di Ostrovskij Groza, mostra il vivo interesse del compositore per la cultura e la letteratura russa e una particolare attenzione per le modulazioni della lingua, con un tentativo di restituzione delle inflessioni del parlato, che rende il testo di difficile traducibilità. Emerge, inoltre, una ricercata aderenza al reale che porta il personaggio di Kát’a a imporsi come emblema della lotta alle stringenti convenzioni imposte dalla società, pagando con la vita il prezzo di un’agognata indipendenza.
L’idea di mettere in musica un testo carico di forte realismo psicologico arriva al compositore e librettista ceco su suggerimento di Václav Jirikovskij, direttore del teatro di Brno, dove avvenne la prima rappresentazione nel 1921, ma è soprattutto dettata dalla sua esperienza biografica, dal momento il personaggio di Kát’a è disegnato su modello dell’amata Kamila Stösslová. Lo stesso Janácek scrisse in una lettera a lei indirizzata: «Ho incominciato a comporre una nuova opera. La protagonista è una donna, di carattere molto mite […] basterebbe un colpo di vento a trasportarla via, per non parlare della tempesta che si riversa su di lei.»
Lo scenario nel quale ha luogo la vicenda è marcatamente dicotomico: al tormento che affligge l’Io protagonista, corrisponde l’idillio rappresentato da una Russia immersa in “silenzio e pace”. In scena – tra gli interpreti – i soprani Pavla Vykopalová e Barbara Haveman, nei panni di Katerina Kabanová, il tenore Ludovit Ludha (Tichon Ivanyč Kabanov), il contralto Gabriela Beňačková (Marfa Kabanová), i tenori Misha Didyk e Magnus Vigilius (Boris Grigorjevič), il basso Sergej Kovnir (Savël Dikoj), il mezzosoprano Lena Belkina (Varvara) e il baritono Boris Stepanov (Kudrjás).
Willy Decker
Nato nel 1950 in Germania, Willy Decker studia dapprima Violino e successivamente Filosofia, Teatro, Musica e Canto alla Hochschule für Musik di Köln. Scelto come regista assistente al Teatro di Essen, successivamente lavora al Teatro Lirico di Cologne dove ha l’occasione di collaborare con registi di fama mondiale come Hans Neugebauer, Harry Kupfer, Jean-Pierre Ponnelle e Michael Hampe. Nel 1986 presso lo stesso teatro diventa regista principale. Si guadagna l’attenzione internazionale mettendo in scena le prime mondiali di Pollicino a Montepulciano, Macbeth di Antonio Bibalo a Oslo e Das Scloß di Aribert Reimann a Berlino nel 1991. Debutta al Salzburg Festival nel 2004 con Die tote Stadt di Korngold e nel 2005 vi torna per una acclamata produzione di Traviata con Anna Netrebko e Rolando Villazón, allestimento di successo grazie anche alla fruttuosa collaborazione con lo scenografo e costumista Wolfgang Gussmann. È impegnato anche al Maggio Musicale Fiorentino e al Drottningholm Festival in Svezia. Nel 2008 diventa direttore artistico del Ruhrtriennale Festival che nel 2009 inaugura con una memorabile produzione di Moses und Aron di Shönberg e che chiude con Tristan und Isolde nel 2011. Tra i teatri che lo hanno visto impegnato: Wiener Staatsoper, Opéra de Paris, Royal Opera House Covent Garden, e i teatri lirici di Chicago, Bruxelles, Amsterdam, Ginevra, Madrid, Barcellona. I suoi allestimenti sono sempre più richiesti:La traviata è stata ripresta più volte al Met e alla Nederlandse Opera di Amsterdam, Peter Grimes alla New National Opera di Tokyo, Der Fliegende Holländer al Teatro Regio di Torino, Don Carlo all’Opera di Varsavia.
Juraj Valčuha
Dall’ottobre 2016 Juraj Valčuha è Direttore Musicale del Teatro di San Carlo di Napoli, nonché Primo Direttore Ospite della Konzerthausorchester di Berlino. Inoltre è stato Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009 al 2016. Nato nel 1976 a Bratislava, vi studia Composizione e Direzione, proseguendo poi gli studi a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi.
Nel 2006 debutta con l’Orchestre National de France e inizia la carriera italiana al Comunale di Bologna con La bohème. Da allora è salito sul podio delle orchestre più prestigiose quali i Münchner Philharmoniker, Gewandhausorchester di Lipsia, Staatskapelle di Dresda, Berliner Philharmoniker, le orchestre di Radio di Francoforte, NDR Amburgo, Radio Svedese, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, le orchestre americane di Pittsburgh, Los Angeles, San Francisco, National Symphony, New York Philharmonic, Chicago Symphony, Cleveland Orchestra, Philharmonia di Londra, Filarmonica della Scala e Orchestra dell´Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha effettuato tournée al Musikverein di Vienna, alla Philharmonie di Berlino, a Colonia, Monaco e Zurigo, nella stagione di Abu Dhabi Classics e al Festival Enescu di Bucarest. In campo operistico ha diretto recentemente Parsifal all’Opera di Budapest, Turandot, Elektra, La fanciulla del West e Lady Macbeth del distretto di Mtsensk al San Carlo di Napoli, Jenůfa e Peter Grimes al Comunale di Bologna, L’amore delle tremelarance e Faust all’Opera di Firenze. Tra gli appuntamenti di questa stagione segnaliamo il suo ritorno con la New York Philharmonic, Cleveland Orchestra, San Francisco e Pittsburgh Symphony, Philharmonia, la BBC Symphony, i Wiener Symphoniker e le Orchestre dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’OSN Rai. Dirigerà Salomé al Teatro Comunale di Bologna. È stato insignito del Premio Abbiati 2018 come migliore direttore d’orchestra.
“Avevo un bel pallone rosso”, di Angela Demattè, dall’11 al 16 dicembre al Piccolo Bellini di Napoli
Recensione dello spettacolo “Le Signorine”, con Isa Danieli e Giuliana De Sio, al Teatro Diana di Napoli