Di: Sergio Palumbo
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Seppur dopo tre anni, è ancora troppo vivo il ricordo dell’ultima Tosca al San Carlo, ambientata in epoca fascista, con Scarpia gerarca fascista cocainomane sulla cui scrivania troneggiava un’enorme aquila romana, per non apprezzare sin da subito la scelta, di riportare, finalmente, nell’odierno allestimento, Tosca nei luoghi e nell’epoca del libretto. Proprio la fedeltà della riproduzione scenica ai luoghi originari impressiona per la dovizia di particolari ed il notevole sotteso approfondimento storico ed architettonico. Le scene di Francesco Zito, soprattutto nei primi due atti, sono sontuose e dettagliatissime, tanto che sembra di essere davvero nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle, con la geniale illusione prospettica della sua cupola, o a Palazzo Farnese, imponente e con suppellettili e mobili curati fin nel minimo particolare. L’ultimo atto, poi, ci regala una suggestiva alba romana dagli spalti di Castel Sant’Angelo, grazie al prezioso disegno luci di Bruno Ciulli. La regia di Mario Pontiggia si attiene fedelmente al libretto e si concentra principalmente sulle interazioni tra i personaggi in scena, mentre i movimenti dei solisti e delle masse sono gestiti con perizia e basilare rispetto per la tradizione.
Juraj Valčuha, dimostra, ancora una volta, di riuscire, con gesto morbido e preciso, ad ottenere il meglio dall’orchestra del San Carlo, con grande cura per le dinamiche ed attenzione all’equilibrio tra palco e buca. Molto buone anche le prove del Coro del San Carlo, preparato per l’ultima volta da Marco Faelli e del vivace Coro delle Voci Bianche, diretto da Stefania Rinaldi. Di grande impatto, anche visivo, il Te Deum che chiude il primo atto.
Ainhoa Arteta, già apprezzatissima dal pubblico napoletano nella Manon Lescaut dello scorso anno, si conferma interprete in grado di unire una voce sonora ed omogenea in tutti i registri ad una avvincente espressività, con una intensità scenica in grado di toccare nel profondo. Il suo do della lama è penetrante come l’acciaio che trafigge Scarpia. La sua Vissi d’arte è pura emozione e gli scroscianti applausi del pubblico sono meritatissimi.
Brian Jagde è un Mario Cavaradossi convincente sia nei momenti di slancio eroico che in quelli di maggior tenerezza, grazie alla voce dal bel timbro e sicura sugli acuti, cui si affiancano buone doti attoriali, che trovano la maggior espressione nella scena della morte. La sua E lucevan le stelle è giustamente acclamatissima dal pubblico, ma il tenore americano conquista il pubblico sin da Recondita armonia, fino all’esemplare esecuzione di O dolci mani.
Roberto Frontali rende perfettamente la ferocia e la lascivia del barone Scarpia, cui conferisce padronanza scenica, autorevolezza ed una voce appropriata per timbro ma meno per volume.
Nel resto del cast spicca Roberto Abbondanza, simpatico sagrestano che rubacchia salamini dal paniere di Cavaradossi.
Bene anche Carlo Cigni (Cesare Angelotti), Nicola Pamio (Spoletta), Donato Di Gioia (Sciarrone), Rosario Natale (Carceriere) e Franca Iacovone (il pastorello, fuori campo).
Tosca sarà in scena al Teatro San Carlo di Napoli fino al 24 luglio 2018.
Link: il sito del Teatro San Carlo di Napoli – www.teatrosancarlo.it
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