Tempo di lettura stimato: 6 minuti

Piccolo Bellini, dal 6 all’11 febbraio 2018

Donne che sognarono cavalli

di Daniel Veronese
adattamento e regia Roberto Rustioni

con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias/Federico Benvenuto

assistente alla regia Soraya Secci
scene e costumi Sabrina Cuccu
assistente scenografo Sergio Mancosu
luci Matteo Zanda

co-produzione Sardegna TeatroFattore KFestival delle Colline Torinesi

Buenos Aires è considerata la città più “teatrale” del mondo e Daniel Veronese è una figura di riferimento della scena Argentina e, dunque, mondiale. Mujeres soñaron caballos è uno dei suoi testi più riusciti; costruito su un’architettura originalissima, fatta di frammenti e rimandi, porta in scena una situazione apparentemente normale: tre fratelli si ritrovano con le loro rispettive mogli per un improvvisato pranzo che li riunisce. Bugie, tradimenti, sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole si alternano in un’atmosfera torbida ma, al tempo stesso, tragicomica, nella quale si muovono personaggi che, pur senza mai parlarne, portano il segno della storia argentina di fine novecento e del dramma dei desaparecidos.

L’allestimento è firmato da Roberto Rustioni, che dirige un gruppo di giovani e talentuosi interpreti con l’obiettivo, come spiega lui stesso «che gli spettatori sentano di essere dentro questa piccola stanza accanto ai sei personaggi. Come se partecipassero direttamente a questa strana cena in un microcosmo violento e nello stesso tempo ironico, ricco di humor nero. In Mujeres, la violenza nella famiglia e nelle coppie rima con la violenza della Storia».

Info spettacolo:

Piccolo Bellini, 3 febbraio ore 21:15 – 4 febbraio ore 18:30

Prezzi: intero euro 18,00, ridotto euro 15,00 – Under29 euro 10,00

Orari: feriali ore 21:15 – domenica ore 18:30

DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI

Foto di Alec Cani

CREDITI

di Daniel Veronese

Adattamento e regia: Roberto Rustioni

Con: Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni,

Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias/Federico Benvenuto

Assistente alla regia: Soraya Secci

Scene e costumi: Sabrina Cuccu

Assistente scenografo: Sergio Mancosu

Luci: Matteo Zanda

Co-produzione: Sardegna Teatro, Fattore K , Festival delle Colline Torinesi

NOTE DELL’AUTORE

“Quando ho cominciato a scrivere Mujeres que sonaron caballos alcuni anni fa, sono partito da una strana notizia che mi era arrivata in una forma poeticamente distorta, come falsata: Suicidio collettivo di mammiferi/quadrupedi. All’interno del paese si stava diffondendo in maniera allarmante un’ondata di suicidi collettivi di animali, dei mammiferi, quadrupedi, forti e arroganti. Secondo quell’informazione gli animali si gettavano volontariamente in un precipizio. Silenziosamente. Apparentemente senza alcun motivo. Non era chiaro che tipo di animali fossero, stranamente non veniva precisato e d’altra parte io non ho nemmeno provato a fare delle verifiche. Però, senza dubbio, sentivo che questo evento misterioso aveva a che fare con le persone che avevano vissuto sulla propria pelle la dittatura militare Argentina.

Sentivo che dovevo scrivere sulla necessità di questi mammiferi di stare nell’aria, di sopravvivere per qualche istante nell’aria quando la terra ormai non può più sopportare il peso dei nostri pensieri. Mi intrigava la qualità emotiva di coloro che sopportano e resistono finché possono, però a un certo punto scoprono la possibilità di restituire la violenza che hanno subito. Stando nell’aria in disequilibrio costante, a cosa ci esponiamo? Fino a che punto possiamo arrivare? Che cambiamenti profondi possiamo generare dentro di noi? C’è un nuovo tipo di violenza nell’aria, la vedo, la sento dentro di me e nelle persone che mi stanno accanto. E’ stato allora che ho deciso di scrivere questo testo. Mujeres parla di diversi tipi di violenza che vivono dei personaggi facilmente riconoscibili all’interno di contesti familiari.

Effettivamente l’ho scritto pensando al periodo oscuro della dittatura in argentina, quando scompariva molta gente; però il testo non deve essere associato esclusivamente a questo periodo storico perché si può adattare a qualsiasi tipo di situazione. Il pubblico si riconosce, anche se non completamente, in alcuni aspetti di questa famiglia. Il lavoro sulla scena è per me un terreno di rivelazione ed esplorazione di tutti questi sentimenti censurati e amorali che spesso non ci è permesso di esprimere. Alla fine del lavoro qualcosa forse riesce a farmi sentire perché delle cose attorno a me sono come sono. Mi interessa di più commuovere lo spettatore piuttosto che spiegargli qualcosa. Meno freddezza, più cuore.”

Daniel Veronese

NOTE DI REGIA

“Un’opera teatrale inizia ad accadere sulla scena. Non succede nella testa dell’autore, né in quella del regista e nemmeno in quella degli attori. Accade proprio lì, sulla scena. Il teatro è quello che succede non quello che si dice. Teatro è accadimento. Noi non siamo abituati a vedere questo. Siamo abituati a vedere cose finte. La gente va a vedere delle falsità. Siamo abituati a essere molto comprensivi con il teatro. Non sto dicendo che sia facile o che io riesca ad ottenerlo, però la mia intenzione è riuscire a creare un tipo di realtà che ha a che fare con questo…”

Questa riflessione poetica di Daniel Veronese mi tocca da vicino, sento che ha che fare con il mio percorso. Anche nei miei precedenti lavori vedevo nel realismo scenico e nella tensione verso un principio di verità scenica gli elementi fondamentali della mia ricerca. Mujeres sonaron caballos è un testo complesso, volutamente ambiguo, con un’architettura quasi inesplicabile ed una struttura indeterminata, una anti struttura. Nonostante ciò il testo deve essere attuato dagli attori in una modalità vitale, immediata, spontanea, lontana da ogni forma di estetica surreale. La realtà, innanzitutto, la vita prima di ogni altra cosa. In quest’opera gli enigmi non vengono risolti e i nodi non sono mai sciolti. Del resto ci sono risposte alla crudeltà? All’ineluttabilità della violenza? Non credo. Nel mistero della vita forse troviamo qualcosa.

Ho provato a lavorare con gli attori partendo dal loro vissuto, ho cercato di costruire un gruppo forte che potesse ricreare in scena delle relazioni forti, reali, vive. L’obiettivo – spero riuscito – è che gli spettatori sentano di essere dentro questa piccola stanza accanto ai sei personaggi. Come se partecipassero direttamente a questa strana cena in un microcosmo violento e nello stesso tempo ironico, ricco di humor nero. In Mujeres, la violenza nella famiglia e nelle coppie rima con la violenza della Storia. La stanza è veramente piccola, manca l’aria, è asfissiante, viene voglia di fuggire, di andarsene lontano come Lucera.

Fuggire dalla violenza, una volta per tutte.

Roberto Rustioni

Sinossi

MUJERES SONARON CABALLOS uno dei testi piu’ riusciti e rappresentativi dell’opera di Daniel Veronese presenta una qualità di ambiguità e di mistero nella scrittura ed un andamento strutturale abbastanza particolare, tali da richiedere una breve esplicazione per facilitarne la lettura.

Innanzitutto l’architettura dell’ opera contiene uno sfasamento temporale:le scene o quadri sono 5, ma non sono in ordine cronologico,la prima scena ( se vogliamo seguire e comprendere l’andamento della vicenda in senso lineare) è la 3 seguita poi dalla 1,e dalla 2 e poi le altre:cioè riassumendo la sequenza-­‐3,1,2,4,5.

Lucera,il personaggio piu’ giovane,con i suoi monologhi che provano a ricostruire dolorosamente la sua memoria,aiuterà anche a ricostruire l’intera vicenda:Lucera è chiaramente una figlia di desaparecidos,una dei tanti figli di dissidenti tolti di mezzo durante la feroce dittatura militare che ha coinvolto l’Argentina tra il ’76 e l”83,strappati alle famiglie originarie ed affidati ad altre famiglie vicine al regime. Ma questa verità terribile è nascosta dietro ad una situazione ordinario-­‐familiare apparentemente normale:tre fratelli ritrovano con le loro rispettive mogli per un improvvisato pranzo che li riunisce.Bugie,tradimenti,sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole,si alternano in un’atmosfera contemporaneamente torbida e tragicomica,fino ad arrivare ad un finale inaspettato e catartico. La Storia però con Veronese (cosi’ come avviene per Cechov-­‐grande classico molto amato dall’autore argentino), rimane all’orizzonte ,sullo sfondo

,indeterminata,il Politico od il Sociale a Veronese interessano fino ad un certo punto.L’attenzione è sulle relazioni umane,sulla violenza insita nelle relazioni stesse,sul desiderio che ci muove come burattini tirati da invisibili fili,sulle dinamiche banali e quotidiane che possono rivelare inaspettatamente un fondo di orrore.Sull’uomo e sulla donna,sul maschile e sul femminile,su cio’ che conta,come in Cechov ,appunto.

DANIEL VERONESE nato l’8 novembre del 1955 a Buenos Aires, è una delle figure di riferimento del teatro argentino nel periodo della post-­‐dittatura. Inizia a lavorare all’inizio degli anni ‘90, fondando El Periférico de Objetos, collettivo di teatro di figura “per adulti”. Contemporaneamente Veronese inizia a scrivere testi propri, drammaturgie frammentarie, sospese in un presente “contaminato”, popolato da personaggi spesso senza nome e “psicologia”. Sul finire dei ‘90 il drammaturgo argentino diventa anche regista, dapprima mettendo in scena propri testi, tra cui anche “Mujeres sonaron caballos”, e negli ultimi anni indagando le scritture di Ibsen, Jon Fosse, Cechov , quest’ultimo molto amato dall’autore argentino. Buenos Aires -­‐ città che dopo la crisi economica del 2001 ha visto un’esplosione di esperienze teatrali-­‐ è considerata la città più “teatrale” del mondo e Daniel Veronese è riconosciuto come “maestro” da molti, al punto che anche grazie alla sua pratica in Argentina oggi è comune scrivere drammaturgie e metterle in scena allo stesso tempo. Veronese è stato selezionatore del Festival Internacional de Teatro de Buenos Aires e i suoi spettacoli sono stati ospitati nei maggiori festival europei e sudamericani.

ROBERTO RUSTIONI nasce a Milano, dove si diploma all’Accademia dei Filodrammatici e lavora per un paio d’anni con la compagnia del Teatro Filodrammatici. Dal 1991 entra a far parte stabilmente della compagnia di Barberio Corsetti, prendendo parte per più di dieci anni a tutte le produzioni. Ha lavorato anche con S. Braunsweig, E. Vargas, Rafael Spregelburd, Marco Baliani. Dal 2002 ha iniziato un percorso personale. Mette in scena Lucido di Spregelburd, con cui vince il Premio Ubu 2011 come miglior novità straniera. A partire dalla stagione 2011/12, attraverso un lungo lavoro laboratoriale, scrive, dirige e interpreta Tre atti unici da Anton Cechov, in tournèe con grande successo di pubblico e critica. Nella stagione 2014/15 dirige e interpreta Being norwegian di David Greig, è impegnato come attore nell’ultimo progetto di Lucia Calamaro e come attore ed assistente alla drammaturgia nel prossimo lavoro su Pasolini di Barberio Corsetti. Tra i progetti futuri la messa in scena di un testo inedito di Daniel Veronese ed un progetto sul Ramayana del poeta indù Valmiki.