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Giovedì 16 aprile 2015, Teatro Elicantropo di Napoli
Unalampa di Roberto Azzurro
L’attore e regista partenopeo porta in scena un appassionato e sfrontato fiume di parole ad alta temperatura, che scaglia sulla “città più bella del mondo”
La città di Napoli è capace di sconfiggere la morte proprio perché non attaccata alla vita, una città permeabile alle influenze che tutto e niente conserva, priva di prospettive per il futuro e proprio per questo libera da ogni paura.
Nasce da questa profonda riflessione Unalampa, cattiva, irriverente, sarcastica e cinica invettiva di Roberto Azzurro, dedicata alla città e ai suoi abitanti, se stesso compreso, in scena da giovedì 16 aprile 2015 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 19) al Teatro Elicantropo di Napoli.
Presentato da Ortensia T, Unalampa è un progetto che nasce da un’idea dell’artista partenopeo. In scena, polemizza, urla, canta e diverte, correndo da una sponda all’altra di rabbie appassionate, di clamori sussurrati, di esplosioni inevitabili, per raccontare, commentare, odiare, amare, sfinire, e poi inveire, contro questo posto straordinariamente bello e impossibile, che fu chiamato Napoli.
Questa invettiva è divisa in sette canti: sette urli, sette dolori e, anche, sette comici sberleffi. Insomma, sette momenti di rabbiosa riflessione anche, punteggiati da musicalità note, da memorie imprescindibili di una napoletanità onorata, ma ormai vecchia e stantia, che si crogiola e annega in un’oleografia, ormai, solo nociva e deleteria.
Unalampa prende a prestito parole di Patroni Griffi, Libero Bovio, Antonella Cilento, Goethe, Curzio Malaparte, Wharol, Viviani, Pasolini e tanti altri artisti, che nel corso dei secoli hanno cantato, umiliato, amato, odiato Napoli. Sono parole ‘scaraventate’ sul pubblico come una valanga, trascinate da un fiume in piena.
Il ritmo di parole è serrato, provocatorio, impertinente, e, tra accuse schiette e sorrisi, vuole denunciare scandali quotidiani, e spingere alla riflessione. Attraverso un accattivante e inarrestabile vortice linguistico, dai toni accesi e marcatamente ironici, l’invettiva di Azzurro si veste di amaro sarcasmo, fortemente spinto allo svelamento di una realtà, che, ogni giorno, si ripete e rigenera, purtroppo, sotto gli occhi assuefatti dei cittadini.
“Tale ordinaria realtà – secondo Roberto Azzurro – non ha bisogno di architettare scandali per salire alla ribalta. Lo scandalo esiste già, e si chiama Napoli. Tutto ciò che in qualsiasi altra città del mondo è ordinario, a Napoli è straordinario. E naturalmente viceversa”.
Unalampa è, in realtà, un atto di coraggio e di amore o di “tradimento” dell’autore, secondo le sue stesse parole, verso la propria madre tiranna, come solo un figlio, profondamente legato a essa, può fare.
Unalampa di Roberto Azzurro
Napoli, Teatro Elicantropo – dal 16 al 19 aprile 2015
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (dal giovedì al sabato), ore 18.00 (domenica)
Info al 3491925942 (mattina), 081296640 (pomeriggio) email promozionelicantropo@libero.it
Da giovedì 16 a domenica 19 aprile 2015
Napoli, Teatro Elicantropo
Ortensia T
presenta
Unalampa
un’invettiva di Roberto Azzurro
diretto ed interpretato da Roberto Azzurro
Durata della rappresentazione 60’ circa, senza intervallo
Per molto tempo ho inseguito l’idea che soltanto uno scandalo può far sì che qualcuno si accorga di noi – sempreché abbiamo qualcosa di interessante e di irrinunciabile da mostrare –, si accorga di noi in termini eclatanti e profondi: bisogna fare uno scandalo, di qualsiasi tipo, ma uno scandalo. Per cui, per molto tempo ho inseguito l’idea di farlo, questo scandalo. Poi, una bella mattina mi sono detto: lo scandalo non devo farlo io, lo scandalo esiste già: e si chiama Napoli.
Io sono napoletano, per cui posso permettermi di dire qualsiasi cosa su Napoli e sui napoletani, insomma la responsabilità e mia, soltanto mia e le mie parole ricadono anche su di me, inevitabilmente.
Anche la miccia, utile e perfetta a innescare il turbine, era pronta già, ed è ciò che mi capita continuamente durante il giorno, mentre sono in auto nel traffico, o dal giornalaio, o in fila alla posta, o al tabacchi per comprare un biglietto per l’autobus. Per meglio dire, dalla reazione che io ho in seguito a quello che mi capita. Ecco, il verbo che indica questo mio comportamento/atteggiamento è questo: inveire; la cui definizione è: lanciarsi, avventarsi con furore verbale contro qualcuno o qualcosa, investendolo con invettive, con rabbiose accuse giustificate o meno, parole di fuoco, oppure aggredendolo con vituperi, con parole violente e offese terribili.
Il verbo inveire deriva ovviamente dalla parola invettiva, che dal latino “invechi” significa appunto scagliarsi contro. L’invettiva è una figura retorica. Si tratta di una frase, un discorso violento contro qualcuno o qualcosa. Invettiva è una frase o discorso irruento diretto ad accusare o a oltraggiare qualcuno o qualcosa, a denunciare fatti o situazioni che sono o si ritengono deplorevoli.
Ci sono illustri predecessori che hanno al loro attivo prestigiose invettive, mi perdonino se mi infilo in punta di piedi in un elenco di grande rilevanza, ma è irrinunciabile: è frutto di un giuramento, fatto una volta mentre ero imbottigliato nel traffico, a un incrocio, dove sono rimasto per circa un’ora e mezza – e non a Zurigo, chiaramente, ma a Napoli.
È stato allora che, mentre con i finestrini serrati – non ero ancora pronto allora per lo scandalo, e allo stesso tempo non volevo rischiare di essere linciato da qualche cittadino napoletano – sono, questi, sempre pronti a difendersi cominciando ad annoiarci con le solite frasi del tipo “Napoli è la città più bella del mondo” che sembra voler intendere: possiamo fare tutto tanto siamo i più belli e la nostra città è la più bella, atteggiamento che io non esiterei a definire comportamento di stampo e mentalità camorristici, ecco –, per cui da napoletano io rispondo: ettiritittittì!
Ma tornando all’elenco degli invettori o invettivisti o invettivi – facciamo “arrabbiatissimi” e non se ne parli più – nel passato, per esempio nel mondo romano poteva accadere che un poeta, un politico o un uomo di cultura scrivesse un’invettiva contro qualche uomo potente che lui considerava nemico proprio o della sua parte politica.
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, in più occasioni si lancia in invettive contro personalità ed istituzioni del suo tempo (come ad esempio, la città di Firenze o l’Impero Germanico). E Luigi Pirandello ne “Il fu Mattia Pascal” ci dà esplicito saggio di cosa è un’invettiva.
Certo, pensai, una volta liberatomi dall’imbuto ferroso dell’ingorgo automobilistico – imbuto vivacizzato da un’umanità bestemmiante e anch’essa inveente e in più brutta e grassa, (mi chiedo dove siano i bei napoletani e le belle napoletane di una volta) – certo, pensai, è una fortuna che sia da considerarsi obsoleto o improprio l’uso che estende il verbo inveire ad azioni di una violenza che travalica le parole per sfociare in animosità fisica, altrimenti è certo che quando pronuncerò l’ultima terribile battuta della mia invettiva contro Napoli e i Napoletani, appunto “Unalampa”, è certo che la suddetta rischierà di finire in rissa.
Roberto Azzurro
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