Di: Alessandra Staiano

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Un padre pieno di dubbi e domande, più che di certezze e risposte come vorrebbe l’archetipo ideale. Ma presente, presentissimo, nella fisicità e nelle parole che scorrono veloci in un lungo soliloquio, ironico e profondo insieme. Un figlio pieno di protesi tecnologiche (auricolari, tablet, smartphone e chi più ne più ne metta) e sfuggente come qualsiasi adolescente al di là dell’epoca in cui vive. Assente, assentissimo nella presenza (in scena non c’è ma viene continuamente evocato e descritto), ma non nelle poche e altrettanto significative parole che di lui vengono riferite. Sono i due personaggi de “Father and son,” lo spettacolo che Claudio Bisio porta in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al primo febbraio 2015, per la regia di Giorgio Gallione su testo di Michele Serra ispirato ai suoi “Gli sdraiati” e “Breviario comico”.
Teatro gremito in ogni ordine di grado e posto per il debutto napoletano nella serata del 27 gennaio 2015 che Bisio, al termine dello spettacolo mentre raccoglieva lunghi minuti di meritati applausi, non ha esitato a definire «la più bella prima» sottolineando la partecipazione del pubblico napoletano al percorso portato in scena. Claudio Bisio è perfetto interprete di questo monologo che scorre veloce, un’ora e mezza sembra passare in 10 minuti, e che indaga in modo ironico, a tratti sarcastico, sul rapporto tra il padre di una generazione che non ha mai creduto nel «potere» e il figlio pienamente nativo digitale. Sarà perché Bisio, come lui stesso sottolinea nelle note di presentazione dello spettacolo, ha due figli della stessa età (16 e 19 anni) di quello che viene raccontato in scena (stessa situazione in cui si trova il regista Gallione), fatto sta che la sintonia con il testo di Serra è perfetta. Attraverso il monologo rivolto al figlio, classico pretesto per indagare sul rapporto generazionale, passa il racconto di una società che fa fatica a comprendere la sua direzione e a interpretare la generazione dei “nativi digitali” così distanti nelle modalità di apprendimento dello stare al mondo. Magari è ovvio che sia così, ma non è affatto scontata la lettura che di questa società fa questo spettacolo nel quale si ride e sorride, soprattutto di sé stessi, perché é come guardarsi allo specchio.
Le fasi del racconto (irresistibili alcune descrizioni come quelle dei colloqui con i professori a scuola o l’inutile tentativo di instaurare un dialogo con l’amica del figlio) sono punteggiate dalla musica grazie alla presenza in scena di Laura Masotto al violino e Marco Bianchi alla chitarra, che sono un’ottima spalla di Bisio. Spettacolo leggero nei toni e profondo nei contenuti, ricorda come da sempre e per sempre (al di là delle generazioni digitali e non) come il faticoso compito di un genitore resti quello di indicare una strada, non per forza il suo, e gioire quando si scopre che il figlio la percorrerà a modo suo, quello sì assolutamente suo.