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Maniaci d’Amore
Morsi a Vuoto
Il riso inizialmente appartiene ai demoni che per mezzo di esso negano il creato. Un
suono emesso della bocca ha l’immenso potere di togliere ogni senso a ciò che esiste.
Quando gli angeli per la prima volta sentono questo riso restano sconcertati. Non
sapendo bene come reagire prendono a imitare il riso dei demoni, il loro è però più
acuto e ha il significato opposto: afferma il senso, conferma la sua presenza.
Kundera, “Il riso del libro e dell’oblio”
Un testo di Francesco d’Amore e Luciana Maniaci
con Francesco d’Amore e Luciana Maniaci
regia di Filippo Renda
scene e costumi di Eleonora Rossi
una coproduzione Festival delle Colline Torinesi e Festival Castel dei Mondi di Andria con il sostegno di Interno5 di Napoli e Ludwig
Management e distribuzione Nidodiragno
Mi chiamo Simona, come tutti.
Non riesco a fare a meno di ridere di tutto.
Sono semplice, confusa e disarticolata.
Ho amici precari e leggeri come me. Genitori distratti e infelici come me.
Amo molto il mio fidanzato.
Lui mi tradisce con due svedesi.
Io rido. Sempre.
Spero così di salvarmi.
Per fortuna oggi un uomo con un passamontagna è entrato in casa e mi ha minacciato di morte.
Forse tutto adesso andrà meglio.
I Morsi a Vuoto sono i morsi della fame, della coscienza, del rimpianto, del dubbio.
Sono le nostre insoddisfazioni, i blocchi, le impossibilità con cui siamo cresciuti.
Sono tutte queste cose terribili che portiamo sempre con noi. E che ci stanno bene.
Perché siamo giovani, allegri e ironici. Abbiamo sempre la frase pronta per dissacrare e sminuire. Sotto le nostre battute si sentono risate registrate: sono le nostre stesse voci che ridono di noi.
Di fronte ai boati del crollo c’è sempre qualcuno pronto a scambiarli per l’eco di un rave. Siamo noi. Siamo fatti così. Ci detestiamo per questo, ma non troppo. Mai troppo.
Adesso però Simona vuole smettere di ridere di tutto, di trovare tutto irreale e ridicolo.
“Morsi a Vuoto” racconta di lei, che è come tutti. Una ragazza allegra e infelice che non ha niente. La sua unica gioia è l’aver conosciuto un ragazzo dolce e rassicurante. Un giorno Simona scopre che lui la tradisce, spesso e senza trasporto. Anche di questo lei, purtroppo, non riesce a soffrire. Sarà l’incontro con un uomo straniero e violento a cambiarle la vita, perché con lui – l’altro, il diverso – scoprirà un’emozione vera e senza riserve: la paura di morire. E non riuscirà più a farne a meno.
“Morsi a Vuoto” è il racconto di una generazione cresciuta nel disincanto, nella volgarità e nell’ironia. Una macchina drammaturgica spietata, che forza i protagonisti a perdere i loro amati filtri emotivi.
Un dramma che non resiste alla tentazione di ridursi a farsa.
Il nostro disperato tentativo di essere davvero nel mondo.
I MANIACI D’AMORE sono Luciana Maniaci (28 anni, nata a Messina) e Francesco d’Amore (30, Bari). Si conosco alla Scuola Holden di Torino e iniziano a lavorare come compagnia nel 2007.
Il Nostro Amore Schifo (2009), il loro primo lavoro, ha già toccato ottanta piazze italiane.
Nel 2009 hanno portato in scena, insieme a Michele Di Mauro e Anita Caprioli un testo teatrale dei fratelli Cohen, “Quasi una serata,” diretto da Marco Ponti, che ha debuttato al Teatro Carignano di Torino.
Sempre nel 2009 hanno curato i testi di “Amleto in Palestina”, con la regia di Gabriele Vacis, prodotto dall’Eti, che ha debuttato al Teatro Valle di Roma a Novembre.
Nel 2011 il loro ultimo progetto, Biografa della Peste, ha debuttato in Piemonte al Festival delle Colline Torinesi, è entrato nella Selezione del Premio Scenario e ha vinto il Premio Nazionale di Drammaturgia Il Centro del Discorso, promosso dalle Manifatture Knos di Lecce.
Nel 2013 sono stati tra i finalisti del Premio Solinas Idee per Il Cinema col soggetto per un film scritto con Fabio Bonfanti.
Tra i loro maestri: Arturo Cirillo, Gabriele Vacis, Barbara Bonriposi, Riccardo Tordoni, Roberto Tarasco, Laura Curino, Francesco Carofglio, Valerio Binasco, Luca Scarlini, Renato Gabrielli e Francesca Ferri.
SGUARDI CRITICI
>>> “Biografa della Peste” è un insolito surreale spettacolo molto ben scritto che lavora su più piani per intrigare e affascinare il pubblico (…)
Bello l’intersecarsi di fiabe, il sovrapporre il destino odierno con il racconto di un’antica epidemia di peste che sembra quasi il contraltare dello sgomento contemporaneo, destino e specchio del presente. “Biografa della Peste” si regge su una drammaturgia sulfurea e spiazzante, ironica e graffiante, ma anche sulla presenza dei due autori-interpreti, che non sbagliano mai una pausa e non perdono mai il ritmo e sanno coniugare all’impegno simpatia e comunicativa, freschezza e autenticità, e con i tempi che corrono certo non è poco…
Nicola Viesti, Hystrio.
>>> I Maniaci d’Amore sono la prova più convincente che una vocazione alla drammaturgia, una fiducia ostinata nelle risorse del testo, è, nella cultura teatrale italiana, un dato ormai acquisito in modo ineludibile. (…) La prima parte di “Biografa della Peste”, solo apparentemente più brillante e lepida, ha, in realtà, un dettato aggressivo, cattivo e anticonformista a cui non solo la scena teatrale italiana più recente, ma si sarebbe tentati di dire (se non si temesse di esagerare) l’intera scena culturale italiana più recente ci ha ormai disabituato. (…) Apologo sulla vita e sulla morte o esplicitazione di una scioccante, e “radicale”, pulsione alla fuga, “Biografa della Peste”, dinanzi a tanto talento (vero o presunto) sprecato del teatro italiano, oppone quello che solo il genio può. E tanto ci basta.
Dario Tomasello, Ateatro
>>> Sono una presenza quasi inaspettata, in questa edizione del Festival delle Colline Torinesi i Maniaci d’Amore. In tanta cura per la ricerca formale, per l’essere a ogni costo innovativi o provocatori o alteramente elitari, in tanto rigido rigore apparente cui diventa quasi inopportuno chiedere sostanza, eccoli lì, spudoratamente fuori schema. (…) Il loro “Biografa della peste” è un racconto vago, cattivo, visionario e genuinamente anticonformista, spietato nello stigmatizzare qualunquismi radicati, tenuto in equilibrio volutamente precario tra comicità, tragedia e grottesco surrealismo. (…) I due insieme sono complementari, paiono una coppia artistica affiatata e rodata da decenni, con una propria forza e un progetto artistico chiaro da perseguire con urgenza…
Monica Bonetto, Sistema Teatro Torino
>>> “Il Nostro Amore Schifo” è una folata di novità e freschezza drammaturgica. Uno spettacolo intelligente, divertente e irriverente, cui non mancano momenti grotteschi di un cinismo misto a una comicità che può rinvenirsi in alcuni testi di Ayckbourn o Ionesco. Davvero bravi i due giovani protagonisti. Da quello che ho visto sono nate due stelle. Li rivedremo entrambi quanto prima, statene certi.
Gigi Giacobbe, Hystrio
>>> Si ride con immediatezza, mentre si intravede, nello svolgersi veloce delle scene, spesso buffe, acide, grottesche, un eccellente lavoro di ammiccamenti colti, una squisita mistura di divertita ferocia e malinconia. In “Il Nostro Amore Schifo” si svelano, con apparente lieve agilità e una brillante spietatezza, i disagi che si vivono in famiglia, le difficoltà affettive, le torture dei ruoli, le sofferenze interne alla coppia. Un testo fresco, denso di un’ironia profonda, concreta, aspra. E bravi davvero i due interpreti.
Valeria Ottolenghi, La Gazzetta di Parma
>>> In “Il Nostro Amore Schifo” è evidente il tratto letterario nella partitura drammaturgica e l’intenzione scenica di veicolare il testo, la trovata prosaica, il gioco di parole. (…) Il lavoro dei due convince per la frizzantezza dell’approccio e della dimestichezza con le pratiche di messa in scena. Per la padronanza nell’intervenire chirurgicamente con la sicurezza del professionista, nonostante la poca esperienza. (…) Stupore per i coup de theatre (ripetuti) nel finale. Intelligenti, di uno spettacolo intelligente.
Emilio Nigro, Il Tamburo di Kattrin
>>> La coppia di interpreti de “Il Nostro Amore Schifo” usa gli stereotipi per un incalzante tiro al bersaglio. Sono due stralunati comici, capaci di rimanere sul filo di un’anti-recitazione che strizza l’occhio a certi intellettualismi e si sporca però di piacevoli sonorità dialettali che riportano la relazione su un piano quotidiano. D’altronde è di questo che si occupano, raccontano a modo loro una storia d’amore, con salti lunghi decenni, in una concentrazione degna del teatro sintetico dei futuristi. (…) Sono caratteri, più che personaggi veri e propri, fotografati mentre si lasciano vivere, ma con una tensione e un’ironia da spaesamento che ricorda i personaggi del Nanni Moretti prima maniera.
Andrea Pocosgnich, Teatro e Critica
Info spettacoli:
Piccolo Bellini, dal 4 al 9 novembre 2014
orari: feriali ore 21:15 – domenica ore 18:00
biglietti: intero euro 15,00 – ridotto euro 10,00.
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