Di: Alessandra Staiano e Sergio Palumbo
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Eduardo all’ennesima potenza ne “La grande magia”, portata in scena al Teatro Bellini di Napoli dal figlio Luca De Filippo, che si è dato come compito, in questi anni, quello di far riscoprire l’intera opera del padre. All’ennesima potenza, perché “La grande magia”, pur essendo una delle pièce meno rappresentate (anche perché accolta non proprio positivamente dal pubblico e dalla critica alla prima rappresentazione), contiene tutti gli elementi tipici della poetica di De Filippo: l’illusione, innanzi tutto e la necessaria funzione che essa svolge per rendere sopportabile la vita; la critica alla borghesia, rappresentata nelle sue ipocrisie e meschinerie; l’amara considerazione su ciò che è reale e ciò che è immaginario, temi ricorrenti del teatro di Eduardo, con molteplici richiami pirandelliani, così come quello del “teatro nel teatro”, che anche in quest’opera è largamente presente.
“La grande magia” è la storia di Calogero Di Spelta, marito geloso e tradito, la cui moglie fugge con il proprio amante grazie all’illusionista Otto Marvuglia, che gli farà credere di averla fatta sparire e rinchiusa in una scatola. Il marito potrà aprire la scatola solo se avrà fede, altrimenti non rivedrà più la moglie. Per quattro lunghi anni Calogero vivrà nel limbo del “giuoco”, non avendo il coraggio di aprire la scatola e, proprio quando si sentirà pronto per aprirla, la moglie, pentita, tornerà in carne ed ossa dal marito. Ma Calogero, davanti alla realtà dell’infedeltà della moglie, preferisce rifugiarsi nell’illusione, non riconoscendo la moglie e preferendo immaginarla per sempre fedele e rinchiusa nella scatola.
Luca De Filippo, magistrale anche nella regia, è particolarmente convincente nei panni del professor Marvuglia, anche per l’impressionante somiglianza alla gestualità, alla vocalità ed alla mimica paterne. Ottima performance quella di Massimo De Matteo nei panni di Calogero Di Spelta, abile nel cambio registro dalla macchietta del marito geloso al tormento dell’ultimo atto in cui viene fuori lo strazio interiore, l’intima sofferenza e la cinica intelligenza attraverso cui riesce a ribellarsi al “giuoco” del professor Marvuglia e a scegliere la sua via di fuga, scrollandosi di dosso i legami di tutti coloro che gli sono intorno, il professore, appunto, ma anche i suoi congiunti, parenti serpenti sul punto di interdirlo. Di ottimo livello le interpretazioni di tutti gli interpreti, tra cui spicca quella di Giovanni Allocca nel ruolo del brigadiere siciliano, macchietta ben riuscita e che diverte particolarmente il pubblico. E anche in questo Luca De Filippo spicca: essere riuscito a trovare il bravo e giusto interprete per ciascun personaggio disegnato da suo padre in modo che allo spettatore viene consegnato il piacere di assistere a una commedia di Eduardo, appunto, all’ennesima potenza. In scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 3 novembre 2013.
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