Tempo di lettura stimato: 5 minuti

Martedì 18 dicembre 2012, Teatro Nuovo di Napoli

Stefano Accorsi in Furioso Orlando regia di Marco Baliani

In scena il celebre attore bolognese è protagonista di un’originale rivisitazione del capolavoro dell’Ariosto, che sottolinea la forza delle passioni dell’uomo

E’ programmato per martedì 18 dicembre 2012 alle ore 21.00, sul palcoscenico del Teatro Nuovo, il debutto partenopeo di Stefano Accorsi in Furioso Orlando, adattamento teatrale di Marco Baliani liberamente ispirato all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, con Nina Savary.

Presentato da Nuovo Teatro e Teatro Stabile dell’Umbria, l’allestimento si avvale del disegno luci a cura di Luca Barbati, i costumi di Alessandro Lai, le scene di Bruno Buonincontri, per la regia di Marco Baliani.

Pullulano avventure e personaggi nel poema di Ludovico Ariosto e l’attore e regista piemontese sceglie di seguire Orlando, che, a sua volta, insegue un’unica traccia: le orme che Angelica lascia sul terreno.

L’azione scenica si snoda sul doppio binario di una donna simbolo stesso della poesia da cercare e, se possibile, raggiungere, e della modernissima patologia del sentimento non ricambiato. Il titolo stesso dello spettacolo rovescia l’originale dell’Ariosto, e mette al primo posto la furia dell’amore non corrisposto.

Allora scatta la furia e la pazzia, la stessa che riempie le nostre quotidiane cronache, con donne che finiscono la loro vita per mano di uomini che dicono di amarle perdutamente.

Ma qui gli inseguimenti e la gelosia, e poi ancora la pazzia e la furia, sono risolti con la leggerezza della rima, del gioco sonoro di citazioni e assonanze, con la soavità del volo, perchè le storie servono a parlare del mondo, ma anche a renderlo meno terribile.

Angelica e Orlando, talora anche Ruggiero e Bradamante, cioè più volti del medesimo tema, sono inseriti in una giostra dove a variare di collocazione sono le stesse ottave dell’Ariosto, accompagnate da numerosi elementi scenici messi in moto dai due protagonisti. Tra questi le macchine dei rumori: vento, tempeste, pioggia, saette, che fanno da contrappunto a tempi e ambienti dell’intero spettacolo.

“Il campo di battaglia è allestito – scrive Baliani nelle note di regia – eserciti di fedi diverse sono pronti ad affrontarsi, ma appena il canto parte, tutto si dissolve. Basta che Angelica fugga a cavallo ed ecco che la Storia grande si sfalda e lascia il passo ad un infinito inseguimento di piccole ma dense vicende, l’un dentro l’altra avviluppate”.

Furioso Orlando non è la riproduzione del poema: i personaggi sono raccontati, osservati, citati da Accorsi che diviene, di volta in volta, un narratore multiforme, come lo stesso Ariosto che leggeva, interpretando, la sua opera nelle corti. Alla recitazione si alternano le canzoni di Nina Savary, coscienza femminile dello spettacolo, e, occasionalmente s’inseriscono alcune “derive”, digressioni, come il tema della gelosia che allude all’Otello di Shakespeare».

Il dissidio tra cristiani e musulmani, invece, rimane sullo sfondo, mentre se si cercano riferimenti all’attualità, si trovano nella condanna di tutte le guerre, presente già nella scrittura dell’Ariosto, che compiange la morte di tanti giovani.

Furioso Orlando regia di Marco Baliani

Napoli, Teatro Nuovo – dal 18 al 23 dicembre 2012

Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)

Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it

Da martedì 18 a domenica 23 dicembre

Napoli, Teatro Nuovo

Nuovo Teatro e Teatro Stabile dell’Umbria
presentano

Stefano Accorsi
in

Furioso Orlando
ballata in ariostesche rime per un cavalier narrante

adattamento teatrale di Marco Baliani liberamente ispirato
all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto

con Nina Savary

disegno luci Luca Barbati
costumi Alessandro Lai
scene Bruno Buonincontri

regia Marco Baliani

Durata della rappresentazione 85’ circa, senza intervallo

Il campo di battaglia è allestito, eserciti di fedi diverse sono pronti ad affrontarsi, ma appena il canto parte, tutto si dissolve.

Basta che Angelica fugga a cavallo ed ecco che la Storia grande si sfalda e lascia il passo ad un infinito inseguimento di piccole ma dense vicende, l’un dentro l’altra avviluppate

Dal rocambolesco proliferare di avventure e personaggi che anima la gran giostra dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, ho scelto di seguire una sola traccia, quella che permette all’intero poema , fin dall’inizio appunto, di dispiegarsi e vivere, le orme che Angelica lascia sul terreno, quella è la traccia da seguire.

E’ come se da subito ci fosse un suono che accompagna tutte le storie, un galoppare di cavalli in corsa, in lotta, in inseguimento, in volo .

Tra i tanti spasimanti inseguitori, ce nè uno, Orlando, che va precipitando di canto in canto dentro una modernissima patologia, di cui Ariosto è ironicamente consapevole, la fantasmagoria dell’amore non ricambiato.

Il titolo stesso dello spettacolo rovescia l’originale dell’Ariosto, e mette al primo posto la furia dell’amore non corrisposto.

Orlando crede che per il solo fatto che è lui ad amare Angelica, lei debba essere sua, da sempre e per sempre, e non sopporterà che possa essere di un altro, specie poi quando scoprirà che l’altro non è nemmeno un prode cavaliere del suo rango ma un semplice soldato di fanteria.

Allora scatta la furia e la pazzia, la stessa che riempie le nostre quotidiane cronache, con donne che finiscono la loro vita per mano di uomini che dicono di amarle perdutamente.

Ma qui gli inseguimenti e la gelosia e poi ancora la pazzia e la furia vengono risolti con la leggerezza della rima, del gioco sonoro di citazioni e assonanze, con la soavità del volo, perchè le storie servono sì a parlare del mondo ma anche a renderlo meno terribile.

Ecco dunque che i duellanti del nostro spettacolo non saranno i tanti paladini e cavalieri sempre attratti da sfide e tenzoni e furti di cavalli e di armerie altrui, ma saranno loro due, Angelica e Orlando, oppure, a volte, con un’altra declinazione dello stesso tema, Ruggiero e Bradamante, uomo e donna insomma, loro si sfidano a singolar tenzone per mostrare i conflitti, le gioie, i dolori, i patimenti che colpiscono come colpi di spada e di lancia, i cuori di chi ama, di chi crede di amare o di essere amato.

Nella nostra giostra anche le ottave dell’Ariosto sono state girovoltate, e altre ne sono nate, cercando di rendere più orale possibile l’impianto letterario, senza perderne la costruzione.

Monologando, narrando, melologando, digressionando, le rime ottave del grande poeta risuonano in sempre nuove sorprese, in voci all’ascolto inaspettate, in suoni all’orecchio stupiti.

Stefano Accorsi è al contempo molti volti e cuori e multiformi voci e diversificati corpi, ed è il cambio di registro interpretativo o vocale o ritmico a restituire il gioco ariostesco, i cambi improvvisi di narrato, le sospensioni, gli appuntamenti posticipati a riprendere il filo e il fiato, i flash back, i corto circuiti.

E al contempo, mentre è facitore di tante storie e volti, deve sempre sentir montare in sè la frenesia fantasmagorica di Orlando, come un vino che fermenta in non sicura botte.

A contrastarlo nel dire e a contrastarlo nell’essere uomo spasimante in perpetua corsa c’è la presenza di Nina Savary, che lo interpella, gli pone questioni, ne commenta le parole, a volte musicando un tema, a volte cantando, o suonando le sonorità sparse che occupano la scena di Bruno Buonincontri con un artigianato sonoro da rumorista radiofonico di un tempo, macchinerie che fanno mare e vento e tempesta e fiato di dragoni volanti, dello stesso color ocra e ruggine dei tendaggi, trapuntati di cuciture di diverse stoffe, che avvolgono tutt’intorno la scena.

A ricucire poi di una leggera malia il tutto ci sono le luci di Luca Barbati, che toccano i personaggi e le storie come farebbe una bacchetta magica spostandone le avventure, nei pochi metri reali dello spazio, in luoghi mitici, lontani, oppure ancora citando e facendo il verso a frammenti di cinema, di fumetti, di cultura pop.

Ogni tanto qua e là scappa una digressione, come succedeva anche all’Ariosto, e per un momento pare che non si stia parlando di guerre da noi troppo lontane, e che forse le anime palpitanti in questa giostra le conosciamo fin troppo bene.

Marco Baliani