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Stagione Lirica e di Balletto 2011 – 2012
Teatrino di Corte di Palazzo Reale
Sabato 5 maggio 2012, ore 20.30
repliche:
Domenica 6 maggio, ore 17
Martedì 8 maggio, ore 20.30; Mercoledì 9 maggio, ore 20.30; Venerdì 11 maggio, ore 19
Sabato 12 maggio, ore 19; Domenica 13 maggio, ore 17
Orchestra del Teatro di San Carlo
IL MAESTRO DI CAPPELLA
Intermezzo giocoso
di Domenico Cimarosa
direttore e baritono Bruno Praticò
regia Lamberto Puggelli
scene Nicola Rubertelli
costumi Giusi Giustino
luci Bruno Ciulli
LA FURBA E LO SCIOCCO
Intermezzo buffo
di Domenico Sarro
direttore Giovanni Di Stefano
regia Lamberto Puggelli
scene Nicola Rubertelli
costumi Giusi Giustino
luci Bruno Ciulli
Madama Sofia Marilena Laurenza
Il Conte Barlacco Enrico Maria Marabelli
Arlecchino Ferruccio Soleri
Pulcinella Franco Iavarone
maestro al clavicembalo Riccardo Fiorentino
Progetto Napoli – Regione Campania
Un nuovo allestimento del Teatro di San Carlo, nell’ambito della stagione lirica e di balletto al Teatrino di corte, con due titoli dedicati al Settecento Napoletano. Dopo Il marito disperato e Don Trastullo, un prezioso dittico, Il Maestro di Cappella e La furba e lo sciocco.
Il primo, tra i titoli più fortunati di Cimarosa, va in scena nella versione di Bruno Praticò, grande interprete dei ruoli da baritono buffo nel repertorio settecentesco, che per l’occasione sale anche sul podio a dirigere l’orchestra del Teatro di San Carlo. A seguire, l’intermezzo comico La furba e lo sciocco di Domenico Sarro, tra i più illustri compositori della sua epoca. A interpretare Arlecchino e Pulcinella, due veterani della scena italiana, Ferruccio Soleri – l’Arlecchino per antonomasia – e il napoletano Franco Iavarone nei panni di Pulcinella. Alla guida dell’orchestra stabile, Giovanni Di Stefano, già sul podio del lirico napoletano nella scorsa stagione per Il segreto di Susanna di Wolf-Ferrari, in scena nel foyer del teatro. La regia è di Lamberto Puggelli, le scene di Nicola Rubertelli e i costumi di Giusi Giustino, mentre le luci sono firmate da Bruno Ciulli.
Il Maestro di Cappella su musica di Domenico Cimarosa è un intermezzo buffo in un atto per basso e orchestra, caso probabilmente unico nella storia della musica, soprattutto per la sua struttura musicale. Importanti sono, infatti, le differenze con l’intermezzo propriamente detto: in scena appare un unico personaggio e l’azione non è articolata in due parti ma in un continuum.
Si può ipotizzare che questa “burla musicale” sia stata concepita come uno spettacolo a sé, magari da mettere in scena insieme a qualche altra rappresentazione di breve durata o che sia nata come rielaborazione di un’aria per basso e orchestra o di una cantata in forma scenica, genere al quale il compositore si stava dedicando in quel periodo. Una teoria attribuisce allo stesso Cimarosa la paternità dei versi, sia perché il libretto prevede che il direttore d’orchestra si esibisca cantando, cosa che il compositore amava fare accompagnandosi al clavicembalo, sia perché il libretto è ricco di termini tecnici che sa bene utilizzare chi volesse ironizzare sul suo stesso mestiere di maestro di cappella. Il lavoro di Cimarosa si inserisce nel filone metateatrale più volte frequentato nel Settecento: un esempio per tutti, il teatro nel teatro di Prima la musica, poi le parole di Antonio Salieri, andato in scena insieme a Der Schauspieldirektor (L’impresario teatrale) di Mozart nel 1786. Ad ogni modo, la spassosa vicenda e la maniera in cui è narrata piacciono molto al pubblico, come testimonia il fatto che l’intermezzo viene presto pubblicato a Lipsia da Hofmeister intorno al 1810/13. Sul frontespizio appare la dicitura “Ein burleskes Intermezzo” (Un intermezzo burlesco). Manoscritti dell’opera sono conservati alla Staatsbibliothek di Berlino e al British Museum di Londra. La struttura musicale, così come appare nella versione ricostruita a metà del Novecento da Ricordi, per l’edizione critica di Maffeo Zanon, discende naturalmente dalla semplice sinossi e si compone di un recitativo accompagnato che fa da introduzione all’inizio delle prove; un’arietta che, nel bel mezzo del caos strumentale, espone i diversi timbri dell’orchestra classica; un’ampia pagina musicale nella quale le parti intonate dal direttore d’orchestra sono eseguite dalle varie sezioni; un’aria finale, grandiosa e finalmente perfettamente eseguita, che chiude la prova e l’intero intermezzo.
La trama è semplice. Un maestro di cappella sta provando con la propria orchestra, ma gli strumentisti tardano a trovare un accordo, intervenendo al momento sbagliato. Egli perde la pazienza (“Qui si manca d’attenzione, no, così, così non va!”) e si vede costretto a canticchiare ogni singola parte strumentale finché ognuno non l’abbia imparata. Infine, l’orchestra trova l’intesa e finalmente il maestro può esibirsi nella sua aria preferita: “Ci sposeremo fra suoni e canti, sposi brillanti pieni d’amor!”
La furba e lo sciocco di Domenico Sarro (revisione critica di Ivano Caiazza), risale al carnevale 1731, quando va in scena l’opera seria Artemisia su testo originale di Apostolo Zeno. Domenico Sarro è il vero dominatore della scena musicale a Napoli, insieme a Leonardo Leo, essendo scomparsi i loro più autorevoli competitori: Alessandro Scarlatti nel 1725 e poi Leonardo Vinci nel 1730. Sarro cominciò a servire la Real Cappella, l’istituzione musicale più prestigiosa di Napoli, come vice-maestro nel 1703, solo nel 1737 ne divenne maestro titolare. Tuttavia in quel lungo periodo Sarro accumulò decine di cariche presso istituzioni diverse, divenendo di fatto il più potente se non il più stimato dei musicisti napoletani. Il suo esordio teatrale era avvenuto nel 1706 (compose nuove arie per una rappresentazione della Griselda di Albinoni) e negli anni successivi giunse a produrre non meno di quaranta titoli operistici. Sarro fu il primo compositore a musicare la Didone abbandonata, primo libretto di melodramma di Metastasio, nel 1724; inoltre fu sua l’opera che inaugurò il teatro di San Carlo nel 1737. Nonostante la sua importanza storica Sarro è oggi un compositore poco studiato e poco eseguito, se si pensa che solo pochi anni fa è stata rieseguita per la prima volta al Festival della Valle d’Itria Achille in Sciro, l’opera che inaugurò il San Carlo. Già ai suoi tempi era accusato di non essere particolarmente incisivo, tanto che il celebre viaggiatore francese Charles Des Brosses – nel 1738 – lo trovava “datato”.
Il contributo più interessante di Sarro alla musica europea del suo tempo è probabilmente nel genere della cantata e della serenata, ma anche i suoi intermezzi contengono elementi di spicco. Tornando alle origini dell’intermezzo comico napoletano, troviamo ancora Sarro in prima linea.
Il libretto de La furba e lo sciocco edito per la rappresentazione napoletana del 1731 è molto raro e anche l’operina è stata rappresentata di rado. La vicenda narrata è molto semplice, ma condotta con un raro gusto dei particolari esotici, quali le deformazioni linguistiche del francese e del tedesco, gli abiti del travestimento, il ballo e così via. I protagonisti sono, come sempre negli intermezzi napoletani, una signora costretta dalla povertà a cercare un marito nobile e ricco e un conte abbastanza stupido e tronfio da cascare nella rete. I nomi esprimono bene le loro rispettive qualità: la furba è Madama Sofia (dunque “sapiente”) e lo sciocco è il Conte Barlacco (“tutto al mondo è burla”, direbbe come Falstaff costui, condannato a subire). La situazione sarebbe già facilmente sciolta nel primo intermedio, ma l’autore ha voluto inserire dei diversivi inaspettati per giungere all’inevitabile lieto fine. La medesima situazione si ritroverà una ventina di anni più tardi nel Don Trastullo di Niccolò Jommelli o nella Serva padrona di Pergolesi.
Lamberto Puggelli, regista di lunga e prestigiosa carriera tra teatro e opera lirica, dopo aver debuttato giovanissimo al Festival di Spoleto, si afferma nel panorama italiano e internazionale, firmando circa duecentocinquanta regie e partecipando a circa trecento spettacoli dal Piccolo Teatro di Milano come attore negli anni Sessanta, a collaboratore di Giorgio Strehler negli anni Settanta. Ha lavorato sia nell’ambito del teatro privato (Compagnie Magnani, Proclemer, Lionello, Calindri, Santuccio, Ferro…), sia del Teatro pubblico (con tournée a Parigi, New York, Toronto, Bonn), che nei grandi spazi scenici (Teatro Olimpico di Vicenza, Teatro Greco di Siracusa, Castello Sforzesco di Milano) e in quelli sperimentali di centri impegnati in attività di ricerca. Nel teatro lirico, dopo il debutto alla Fenice di Venezia con Oedipus Rex di Stravinskij e Il Campanello di Donizetti, ha allestito opere del grande repertorio italiano, francese, tedesco, del Sei-Settecento, dell’Ottocento, del Novecento nei maggiori teatri italiani (Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Trieste …) e internazionali (Londra, Amburgo, Chicago, Mosca, Barcellona, Zurigo, Washington, Rio de Janeiro, Tokio, Valencia…). Al Teatro alla Scala ha messo in scena Attila, La condanna di Lucullo, Il vino stregato, Andrea Chenier, La forza del destino, Il matrimonio segreto, Adriana Lecouvreur, Fedora, con la direzione musicale di Abbado, Gavazzeni, Chailly, Campanella, Patané, tra gli altri. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare al “primo” Verdi, di cui citiamo l’allestimento de I Lombardi alla prima crociata a Parma, celebrati da Dietmar Polaczek sulla «Frankfurter Allgemeine» come “un’esperienza di grande intensità e fascino sempre crescenti”. È stato insignito di vari premi e onorificenze fra cui il recente Premio Enriquez (2009) per l’impegno sociale del suo teatro. Per il teatro di San Carlo, Puggelli firma una messa in scena che “cerca di recuperare lo spirito delle farse di origine popolare e dell’antica commedia dell’arte” che rea fondata su “canovacci e improvvisazioni sul tema del buffo, una sorta di gioco in libertà, come facevano i cantanti dell’epoca – dichiara – richiamandosi all’ingenuità popolare , da un lato, e alla filologia del recupero, dall’altro”. Infatti La furba e lo sciocco sarà ambientato sulle tavole di una scena popolare, messo in scena da una compagnia di giro, mentre la parodia del Maestro di cappella, si rifà al meccanismo metateatrale di un “teatro di corte nel teatrino di corte”. Semplici escamotage scenici – conclude Puggelli – “per far riapparire oggi i fantasmi e le maschere di una scena svanita che non ha lasciato molta traccia di sé, pur avendo caratterizzato il gusto di un’epoca”.
L’allestimento, come nei casi precedenti de Il marito disperato di Cimarosa e Don Trastullo di Jommelli, fa parte del “Progetto Napoli” promosso dalla Regione Campania, per il cartellone 2011-12 del Lirico partenopeo.
Biglietti: posto unico 80 euro; ridotto 50 euro; under30 20 euro
infoline: 081.7972331-412; biglietteria@teatrosancarlo.it
PROMOZIONE SPECIALE e PROMOZIONE STUDENTI (2 biglietti al prezzo speciale di 40 euro) < tel. 081 7972468; promozionepubblico@teatrosancarlo.it
Spettacoli per le scuole < IL MAESTRO DI CAPPELLA > martedì 8, giovedì 10, venerdì 11, sabato 12 maggio – sempre ore 11.30 – Teatrino di Corte di Palazzo Reale
Venerdì 4 maggio a MeMus, ore 18.30 – PRESENTAZIONE del volume LE SCUOLE MUSICALI DELL’ORFANOTROFIO DI SAN LORENZO DI AVERSA a cura di Enrica Donisi. Introduce Romeo De Maio, partecipano Enrico Careri (Università Federico II, Napoli), Gabriella della Sala (Conservatorio di Musica, Benevento); Danila Jacazzi (Seconda Università degli Studi di Napoli, Aversa); Gennaro Luongo (Università Federico II, Napoli); Marina Mayrhofer (Federico II, Napoli); Ernesto Paolozzi (Suor Orsola Benincasa, Napoli). Conclude Nicola De Chiara (Assessore alla cultura e vice Sindaco di Aversa); modera Laura Valente
Recensione del libro “Franco Quinto. Commedia di una banca” di Friedrich Durrenmatt (Marcos Y Marcos)
“Servo dei poveri”, testo e regia di Marcello Amici, il 4 e 5 maggio 2012 alla Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino di Roma