Di: Redazione
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Al teatro Tin (Teatro Instabile Napoli) – Vico Fico Purgatorio ad Arco, 38
29 e 30 aprile e 1 maggio 2010 ore 21.30, 2 maggio ore 18.30
Anna Cappelli
di Annibale Ruccello
con
Donatella Liotta
Al flauto Sebastiano Nanè
regia di Mario Mattia Giorgietti
Cosa ha voluto segnalare Annibale Ruccello con questo inquietante monologo dialogico, diviso in sette sequenze che coprono due anni di vita di Anna Cappelli, singolare figura femminile che un bel giorno lascia il suo paesello per inurbarsi in una città, Latina, sita in un’area depressa del Sud Italia?
Sono tanti i segni che in questo percorso di vita Anna Cappelli (Ruccello) ci manda:
primo, la perdita della sua camera dove si è riconosciuta, dove è cresciuta, dove ha sognato la vita, che lei sentiva come una seconda pelle. Una perdita dovuta alla conseguente riorganizzazione della famiglia che ridistribuisce gli spazi secondo le necessità dei figli rimasti in seno ad esse. Perdita che lei non accetta, che segna la scomparsa di una parte della sua identità.
Secondo segno è lo scontro con la solitudine che abbiamo quando Anna Cappelli comincia, distaccandosi dalla famiglia, a ritrovarsi in spazi provvisori (camera d’affitto, vita in comune con la padrona di casa) e lontano da quelli che erano stati gli amici d’infanzia.
Terzo segno è la presa di coscienza della difficoltà di realizzare il sogno più urgente e naturale: avere una propria casa, dove organizzare se stessi, dove dare dimora al proprio Io. Difficile perché il rapporto tra il profitto di una semplice impiegata come lo è lei e i costi del mercato degli immobili schiaccia qualsiasi tentativo di approccio.
La società del consumo, della speculazione spinge la protagonista verso i margini della dignità umana, facendo sì che inizi quella metamorfosi dell’Io verso l’opportunismo, l’egoismo.
Quarto segno è la scoperta che il proprio corpo può diventare oggetto di desiderio altrui e allo stesso tempo fonte di benefici attraverso il suo sfruttamento.
Quinto segno viene dal gusto del possesso. Possedere per esistere, per riempire il fossato della solitudine di quell’Io vero, abbandonato per l’Io resistente necessario per il tessuto di questa società.
Sesto segno è la conflittualità tra l’Io della propria natura, dei sentimenti e l’Io ragionato, costruito.
Una dualità, questa, che crea stress, genera depressione e disistima, desiderio di ottundersi col cibo su cui trasferire ingannevoli piaceri gustativi. E Anna Cappelli mangia, sempre. Poiché il mangiare è la sublimazione del possesso della cosa, l’atto di farla propria. Per sempre.
Ufficio stampa Tin
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