Di: Sergio Palumbo
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Marcello Consalvi e la moglie Immacolata, negli anni ’40, sono due modesti lavoratori che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Marcello lavora come ragioniere per un facoltoso uomo ebreo, perseguitato dalle leggi razziali emanate dal regime fascista. Proprio a causa delle leggi razziali, il “Padrone” intesta al fidato ragioniere tutte le sue proprietà. Per Marcello ed Immacolata è la svolta: diventano ricchi e vanno a vivere in una meravigliosa casa nel ghetto ebreo di Roma. Gli anni passano ed i due vivono in modo completamente diverso la fortuna che gli è capitata: Marcello continua a condurre una vita semplice, quasi come se non volesse abusare troppo degli agi della sua nuova vita, mentre Immacolata si abitua presto alla ricchezza e si bea dell’altrui invidia, disprezzando chi si trova in condizioni di miseria come quelle nelle quali si trovavano lei e Marcello prima del generoso lascito. Ma dopo tredici anni l’ombra del Padrone, che ritenevano morto, torna ad aleggiare sulla vita dei due. La prospettiva di un ritorno alle misere condizioni di un tempo terrorizza i due, ma sarà Immacolata la più determinata, con spietato cinismo e gretta avidità, ad attaccarsi con i denti ad una condizione sociale che ormai ritiene appartenerle e che non vuole lasciare, ad ogni costo.
Ornella Muti, anche al teatro, dimostra ancora una volta la sua grande bravura e versatilità, per non parlare della sua straordinaria bellezza. Con la Muti sono sulla scena Pino Quartullo ed Emilio Bonucci, decisamente convincenti in questa rappresentazione nel colorito dialetto romanesco (complice nel suscitare le risate del pubblico), con tratti un po’ burini a rendere ancor più genuini i dialoghi. Ottime le scene di Max Nocente e la regia di Enrico Maria Lamanna.
Ironico e amaro nello stesso tempo, nel testo di Gianni Clementi affiorano, dallo sfondo storico, le aberrazioni del fascismo e del nazismo nella folle persecuzione degli ebrei, ma soprattutto emergono gli effetti “secondari” della ricchezza, causa di cattiveria, cieca avidità e freddo cinismo, fino ad arrivare ad una vera e propria follia paranoica che non farà più distinguere gli amici dai nemici, le luci dalle ombre ed il bene dal male.
Link: il sito del Teatro Bellini – www.teatrobellini.it
Recensione del libro “Le perfezioni provvisorie” di Gianrico Carofiglio (Sellerio)
“L’ebreo” di Gianni Clementi al Teatro Bellini di Napoli