Di: Sergio Palumbo
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Nino è figlio di un camorrista. Nel suo paese in provincia di Caserta i più lo conoscono come “o’ figlio e’ Sigaretta”. Altri, invece, come la madre, la maestra, l’amico Michele, sanno bene che Nino, nonostante il difficile contesto in cui vive, è un ragazzo dall’eccezionale sensibilità. Una vera e propria rosa fiorita nel cemento.
Attilio Del Giudice lascia la penna proprio a Nino, che con il suo italiano incerto, contaminato da strafalcioni e da inflessioni dialettali, ma con intima e profonda sincerità, scrive il suo diario, fatto di aneddoti, pensieri, sentimenti.
Tra violenza, prepotenza, criminalità, degrado morale e culturale, la purezza di questo ragazzo, la sua bontà d’animo, la sua dolcezza, sono la speranza di un futuro migliore, quel barlume di probabilità che questa vita incagliata e tutte le vite che Nino simboleggia, si possano finalmente sciogliere, sbrogliare, liberare del giogo in cui sono, loro malgrado, nate e cresciute.
Il libro di Attilio Del Giudice, organizzato in brevi racconti di vita vissuta, mette in risalto la geniale abilità dell’autore a giocare con le parole, con la sintassi, con la lingua italiana, contaminandola così bene con il dialetto di Nino e le sue sgrammaticature, ma non solo: Del Giudice è straordinariamente bravo nel guardare il mondo con gli occhi disincantati del bambino innamorato della maestra e della mamma, che il padre (quando non lo chiama “strunzo”) usa come corriere per la consegna di misteriosi pacchetti e che deve continuamente lottare per non far contaminare la sua purezza con lo squallore del mondo che lo circonda.
Link: il sito di Leconte Editore – www.leconte.it
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