Di: Sergio Palumbo
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Il giornalista argentino Horacio Verbitsky, nella sua coraggiosa battaglia di denuncia delle violazioni dei diritti umani nel suo paese, firma questo ennesimo testo nato dalle testimonianze dirette di alcuni desaparecidos, sopravvissuti agli orrori della loro prigionia. Nel periodo della dittatura militare in Argentina, gli oppositori o presunti tali venivano prelevati con la forza e portati in un centro clandestino di detenzione, presso la Scuola di Meccanica della Marina: la ESMA. Qui subivano torture inimmaginabili e gran parte di loro perse la vita. Alcuni furono sottoposti a un programma di rieducazione forzata che avrebbe dovuto, attraverso una sorta di sistematico lavaggio del cervello, operare una totale spersonalizzazione del soggetto, tale da indurre i prigionieri a collaborare con i propri carnefici. Quando la commissione interamericana per i diritti umani intervenne, prima dell’ispezione il lager clandestino fu smantellato e i prigionieri superstiti trasferiti in un’isola dalla denominazione sinistramente significativa: “El Silencio”.
Tuttavia, ciò che il giornalista evidenzia attraverso le tante vicende tragiche delle vittime è l’atteggiamento della Chiesa di fronte a questi orrori. Definirlo ambiguo è un eufemismo: più giusto forse è parlare di connivente silenzio, perfino quando tra le vittime figuravano dei sacerdoti. Verbitsky dimostra attraverso le testimonianze raccolte che personaggi di spicco della Chiesa, non solo argentini, erano a conoscenza di quanto avveniva, anche se poi nel processo che seguì alcuni tra i più coinvolti, come il sacerdote del Vicariato Grasselli, negarono questa consapevolezza e minimizzarono i loro contatti con i responsabili. Ma gli orrori della dittatura militare e la situazione dei desaparecidos, sostiene Verbitsky, non era ignota neppure ai più alti gradi della gerarchia ecclesiastica.
Era forse, per la Chiesa cattolica, il sostegno consapevole a una forza che si proclamava anticomunista e si fregiava di supposti valori etici e religiosi? O soltanto un silenzio di consapevole indifferenza, che preferiva ignorare o fingere di ignorare ciò che tutti sapevano? Certo il saggio del giornalista argentino lascia questo inquietante interrogativo come un tarlo nella coscienza dei credenti fedeli alla Chiesa.
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